Qualche giorno fa l’amico Vincenzo Sansonetti mentre leggeva il piano regionale pugliese sui rifiuti, mi evidenziava un dato, fonte ISPRA. Ormai col tempo, la marea di dati da noi gestiti è diventata di fatto ingestibile, e spesso nello specializzarsi si perde di vista il dato generale come in questo caso. Stando all’ultimo bollettino Ispra a pag. 133/673, per la Basilicata si è passati dalle 12.900 tonnellate di rifiuti speciali pericolosi bruciati nel 2015 alle 22.900 del 2016, 10 mila tonnellate in più, quasi il doppio, senza che i monitoraggi tra l’altro venissero intensificati e senza che la popolazione sapesse questo dato. E la Regione su questo cambio di quantità tace! La Basilicata paragonata singolarmente ad altre regioni italiane, nel 2016, ha bruciato più rifiuti speciali pericolosi di: Abruzzo, Campania, Veneto, Toscana o Piemonte, il triplo della vicina e popolosa Puglia.
E meno male che alcuni ambientalisti di lungo corso come Pio Abiusi dalla pagine di TalentiLucani, gridano agli avanzamenti migliorativi fatti sotto l’assessorato Pietrantuono ( che nulla decide in materia senza Pittella ), oppure ai proclami trionfalistici pubblicati sulla Gazzetta di ieri, ove la Basilicata inizierebbe a brillare per la differenziata, a dimostrazione che invece Fenice-Rendina si conferma inceneritore a servizio di altri e non dei fabbisogni lucani. E dopo i proclami del Ministro Salvini sull’auspicato aumento degli inceneritori e lo studio ad oggi fantasma sulle diossine nel latte materno di Lavello, leggendo i dati Ispra si conferma l’adagio lucano, del vedere la verità lì dove nessuno la indica! Lo studio Ispra fa riflettere anche sul ruolo baricentrico e comprensoriale che la Basilicata assume ed assumerà nello smaltimento dell’amianto, infatti per il blocco centro-meridionale, ove regioni come Lazio, o Campania, o Umbria, o Calabria sono sprovviste di impianti idonei, la Basilicata spicca con ben due discariche pronte, Lacarpia a Ferrandina e la Semataf ( Castellano ) a Guardia Perticara ( p185/673 ).
Lo studio Ispra ha ancora delle carenze importanti, per esempio non illustra i flussi del riutilizzo agricolo dei fanghi, o l’esatta produzione, movimentazione e smaltimento delle acque di scarto petrolifere e della loro pericolosità radiologica; non spiega come Fenice tra il 2015 ed il 2016 abbia quasi raddoppiato la quantità di rifiuti speciali pericolosi bruciati, senza alcuna flessione registrata in tutte le regioni confinanti, mentre i rifiuti radioattivi ospedalieri rimangono un fantasma racchiuso nella categoria dei sanitari, idem per i rifiuti da attività militari. Nel bollettino Ispra non compaiono statistiche sui maggiori reati riscontrati nei flussi di rifiuti, sull’efficienza, la qualità e la quantità delle prescrizioni avanzate dalle regioni verso discariche o inceneritori, ignorati i cementifici e le industrie laterizie e di produzione di bitume/conglomerati e calcestruzzi che possono re-impiegare rifiuti nei loro processi. Manca un resoconto di quante prescrizioni AIA vengano violate, manca tanto, manca ancora troppo.