Pochi giorni fa un nostro sostenitore ci contatta per dirci che lui insieme ad altri amici agricoltori lamentano una fornitura idrica irrigua più scarsa e scadente del solito. Ricevono il calendario forniture dal Consorzio di Bonifica, chiedono ulteriori informazioni, ed il problema che dobbiamo ancora appurare nel dettaglio, quale sarebbe?
Nella Val Basento l’acqua servirebbe al Consorzio Industriale di Matera, socio di Tecnoparco, e quindi il razionamento mette sullo stesso piano chi produce melograni, ortaggi, bambù ed alleva, con chi smaltisce rifiuti industriali e reflui petroliferi.
Che i consorzi industriali, come quello potentino, vendessero l’acqua ad un prezzo inferiore all’acquisto era noto, che la fornissero all’industria legittimo e pacifico ma svenderla e toglierla agli agricoltori questo no.

Premesso che in Val Basento la fornitura idrica consortile avviene anche attraverso vasche, come quella di Grassano, pozzi e parzialmente da invaso. La turnazione sarebbe tre giorni per gli agricoltori, due per l’industria ma gli agricoltori si lamentano del fatto che il primo giorno utile, il mercoledì, di fatto l’acqua è o assente del tutto o di scarsa qualità e pressione, di fatto i giorni utili diventano due e con queste temperature ed in assenza di piogge il fenomeno dell’evapotraspirazione si acuisce seccando suoli e piante.
Gli agricoltori che si lamentano hanno investito sacrifici anche per l’agricoltura innovativa e sostenibile, in altri casi fondi pubblici comunitari e vedono imporsi razionamenti senza conoscere la logica che si cela dietro di essi.
Secondo il documento dell’Autorità di Bacino sotto allegato, un ulteriore sviluppo industriale idroesigente non sarebbe compatibile con la tutela della risorsa, praticamente tra perdite, carenza di acqua, cambiamenti climatici non si può pensare di soddisfare tutte le utenze senza interrompere il flusso minimo vitale dei fiumi, a partire dal Basento vivo grazie alla confluenza della Camastra. A ciò si aggiunge l’esisgenza di aziende come Tecnoparco che usa l’acqua per il trattamento rifiuti, la FIAT di Melfi, i centro oli e l’ILVA di Taranto alimentata dalle acque lucane. Ad oggi manca un prospetto dettagliato, aggiornato e credibile sul ciclo idrico delle forniture infatti online non esistono rapporti dettagliati sui consumi idrici precisi del COVA di Viggiano o di Tecnoparco Val Basento.
Ma se l’industria, alcune, fatturano molto di più dei piccoli e medi agricoltori, perchè non si approvvigionano in autonomia perforando pozzi di profondità nella subalvea basentana o non acquistano acqua dolce mediante autobotti? Quanto è lecito e moralmente sostenibile togliere l’acqua all’agricoltura, settore primario, per darlo all’industria del fossile e relativi monnezzari? Le industrie hanno i capitali per ultradepurare o trattare le loro acque anche di scarico e riutilizzarle all’interno dei loro impianti, possono perforare in profondità (come la Arpor-Orogel di Policoro che preleva da pozzi della subalvea Sinni a 90 metri dal piano campagna) ma preferiscono toglierla agli agricoltori che non hanno alternative di approvvigionamento?
Solo in Val Basento il consumo idrico è passato da 5,5 milioni di metricubi a 16,5. Il Consorzio di Bonifica e gli altri enti locali non hanno aggiornato le politiche di consumo ai cambiamenti climatici oltre al perenne uso abusivo da parte di persone che prelevano l’acqua senza pagarla.
Ne scrivemmo nel 2016, alcuni agricoltori pagavano l’acqua di più di ENI, da allora non mi pare che la politica di svendita e cattiva programmazione idrica sia cambiata. Idem il livello di trasparenza su consumi specifici e costi applicati alle grandi industrie. Qualche sindaco o associazione di categoria vuole far luce sul mercato dell’acqua in Basilicata? In questa vicenda gli industriali stanno danneggiando gli agricoltori? Al Consorzio di Bonifica ha peso maggiore la lamentala di un coltivatore o di una industria? Chi tiene il controllo dei rubinetti? La traversa di Trivigno che ruolo gioca in questa vicenda?