Vi ripropongo un articolo del 2013, che a mio avviso merita di non essere dimenticato. L’intervistato, Massimo Morigi attualmente in forza all’Ispra, è il medesimo studioso che doveva studiare le immagini satellitari del Pertusillo in un progetto congiunto ISS-Regione Basilicata, per capire dallo spazio eventuali fenomeni di intromissioni di idrocarburi nello specchio dell’invaso, progetto in seguito sospeso senza motivazioni ufficiali. Questo articolo su Ustica continua a farmi riflettere nonostante i successivi sviluppi e relative sentenze, e mi ero ripromesso da tempo di riproporlo anche qui, lo dovevo ad un uomo di grande moralità e competenza come Massimo Morigi.

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«Vidi i segreti di Ustica, per questo fui cacciato»

di Roberto Rossi Roma

…omissis…Massimo Morigi nel 1984 come sergente maggiore, fu chiamato al Sios dell’Aeronautica militare. Un servizio di intelligence che, tra le altre cose, decifrava e interpretava foto aeree e rotte di voli di mezzi non in linea con la politica Nato. E che conservava, gelosamente, segreti. Come si imbatté nel caso Ustica? «Da subito perché il mio ufficio aveva tutta la documentazione sul caso. Era stata acquisita dai servizi segreti militari». Di che materiale si trattava? «Fotografie, documenti, pezzi di aereo». E dov’erano conservati? «Nelle segrete del secondo reparto dello Stato Maggiore dell’Aeronautica, in via Piero Gobetti a Roma». Segrete? «I faldoni cartacei, con le testimonianze delle persone presenti nei vari centri radar, erano in una cassaforte, le foto e il resto in un magazzino dello stesso stabile». Chi le aveva messe lì? «Dal 1990 il responsabile dell’ufficio era il tenente colonnello Salvatore Lato. Prima’ancora c’era il tenente colonnello Elio Biancucci». I documenti fino a quando rimasero nella cassaforte? «Fino al 1994, quando Rosario Priore, dietro mia testimonianza li requisì. Avrebbero dovuto essere consegnati quattro anni prima, quando Priore aprì il caso». I pezzi di aereo invece? «Erano pezzi del Mig libico abbattuto in maniera presunta nel 1980 e ritrovato una settimana dopo Ustica nei monti della Calabria. C’era tutto il materiale interno di sopravvivenza con scritte russe, viveri di conforto, un coltello in dotazione, pezzi dell’ala e pezzi della fusoliera, della coda e alcuni strumenti. Che fine hanno fatto? «Parte di questi pezzi sono spariti nel 1989 e sono stati ritrovati nel 1990 in Calabria, nella Sila a poca distanza da quelli rinvenuti dieci anni prima». Lei andò da Priore nel 1994. Che cosa gli disse? «Gli portai un rullino fotografico che conteneva le immagini di tutti i giubbotti di salvataggio del Dc9. Precisai che guardando i negativi si notavano dei piccoli fori. Ma che non si notavano bruciature di qualsiasi tipologia. Nel 1980 i giubbotti erano di un materiale simile al polistirolo e qualsiasi variazione di temperatura li avrebbe accartocciati. Non poteva essere stata una bomba all’interno dell’aereo». Erano foto fatte dall’alto? «No, erano foto a terra. Tutto era stato minuziosamente fotografato dalla Marina durante le operazioni di recupero». Parlò anche dei pezzi del Mig? «Sì, gli dissi che potevo provare che quei pezzi del Mig libico dove sono stati fatti ritrovare non c’erano mai stati». E come faceva a saperlo? «Sapevo chi ce l’aveva portati». Un tentativo di depistaggio? «Uno dei tanti. In quei giorni serviva ritrovare pezzi del Mig». Sui depistaggi ci sono stati processi e assoluzioni. Lei che idea si è fatta sull’incidente? «Concordo con una parte di quello che hanno scritto i magistrati di Palermo. Per me si trattò di una leggera collisione con un caccia che ha portato all’ammaraggio del Dc9». Per via dei giubbotti? «Sì, anche nel caso di un impatto con un missile i cadaveri presentano bruciature. Alcuni avevano acqua nei polmoni. Ci sono testimoni diretti, con i quali sono in contatto e che parteciparono al recupero, che mi dissero che nessuno dei corpi era bruciato. E che avevano le ossa frantumate da impatto, dovuto con tutta probabilità a un ammaraggio». Nel 2007 Francesco Cossiga parlò, però, di un missile a risonanza e non a impatto. Questo potrebbe essere compatibile con il quadro descritto. «È possibile, anche se tendo ad escluderlo. L’impatto di un qualsiasi missile con la struttura di un aereo genera dei principi di incendio, cosa che non risulta. Cossiga è uno che si è portato con sé tanti segreti». Chi c’era quella sera sui cieli italiani? «Posso dire chi non c’era. Quella sera sopra i cieli di Ustica non c’erano aerei italiani né aerei americani». Come fa a dirlo. «Primo perché qualche giorno prima del 27 ci fu un’esercitazione Nato nell’area siciliana. C’era l’incrociatore Andrea Doria, la Vittorio Veneto, una portaerei francese, con due caccia torpediniere, più tre navi americane. Era un’esercitazione ed erano divisi in due gruppi chi attaccava e chi inseguiva. La mattina del 27 l’esercitazione finì e ognuno tornò a casa sua. Tranne i francesi che rimasero in zona». E poi? «Perché ho visto i tracciati. Nel 1990 il tenete colonnello Lato me li fece trascrivere su carta quando arrivo al Sios». E perché? «Non so, forse per testarmi. In fondo eravamo sempre nei Servizi segreti. Ma si può supporre che se le avesse nel 1990 ce l’aveva anche nel 1980 visto che allora era il responsabile del centro di ascolto di Marsala». Morigi, oggi funzionario Ispra, dopo la testimonianza resa a Priore fu messo in malattia e poi, una volta rientrato in servizio, rimosso. Vittima anche lui di quella ragione di Stato che tutto può. O poteva ( 30 January 2013pubblicato nell’edizione Nazionale (pagina 11) nella sezione “Cronaca italia” ).

Speriamo che un uomo ed uno studioso libero e competente come Massimo Morigi possa prima o poi riprendere con la dovuta serenità i progetti di monitoraggio della Basilicata, sospesi come spesso accade, per causa di un’ignota “forza maggiore”.

usica

Di Giorgio Santoriello

Laureato in Lettere, attivista amante della Basilicata ma poco dei lucani.