Dopo l’edizione del 2016 con i suoi negazionismi e le sue contraddizioni, siamo tornati all’edizione del 2018 del Biolife presso l’ente fiera di Bolzano. Nel video sopra allegato una brevissima sintesi delle anomalie che abbiamo udito: finta origine, finta tracciabilità e finto biologico. L’ente di certificatore intervistato, l’unico visibilmente presente in fiera, al di là delle brochures non riusciva chiaramente a rispondere alle domande ma il panorama è chiaro: regnano i controlli annunciati rispetto a quelli a sorpresa e le analisi sui terreni agricoli sono limitate ai nutrienti/minerali degli stessi, non si ricercano nè i fitofarmaci nè gli altri xenobiotici.

I cereali marchiati “Sud-Tirol” sono in buona parte, anche se non è chiaro quanto, di origine extra -provinciale ( infatti non esiste la superficie agricola in Alto Adige sufficiente sia per il foraggio degli animali che per il fabbisogno umano di grano, segale, farro, avena etc ). Durante la fiera un’artigiana gelataia spiega nel video perchè ha abbandonato il biologico anni addietro, mentre un imprenditore zootecnico altoatesino confessa che i controlli per ricercare gli xenobiotici nella carne biologica costano troppo e si limitano ai soli antibiotici attenendosi al solo rispetto dei tempi di carenza.

Un agricoltore siciliano invece diventa un libro aperto: accusa nel video e senza mezzi termini, l’inflazione ed il mercato pubblicitario che starebbe dietro i cosiddetti grani antichi siciliani, affermando candidamente che in Sicilia non è possibile in base alla superficie agricola disponibile garantire sul mercato tutta questa quantità di grani antichi siciliani riportati in diverse etichette ma che oltre a questo, alcuni inquinanti come gli idrocarburi, non vengono neanche ricercati nè nel concime/suolo per il biologico nè nel prodotto finito, idem per le diossine. Alla faccia del Decreto Genova che ha permesso lo spandimento nei campi di fanghi industriali anche con elevati tenori di inquinanti tossici e cancerogeni.

Da notare che anche quest’anno la sfida trasparenza è stata persa dalla maggior parte degli espositori, infatti come nel 2016, solo una piccolissima parte delle aziende ha condiviso gli esiti, in originale, delle analisi chimiche svolte in autocontrollo sui propri alimenti. Perchè le aziende non divulgano le loro analisi? Perchè le istituzioni non impongono la pubblicazione dei dati chimici in possesso ai produttori alimentari? Abbiamo il diritto ed il bisogno di comprare ogni giorni alimenti di varia natura ed origine ma non abbiamo ancora il diritto ad essere realmente informati. Serve dare ai consumatori più strumenti di controllo e verifica, aumentare i controlli a sorpresa, incrociare i risultati, prevenire i conflitti di interesse e le incompatibilità derivanti dai soliti controllati che pagano sempre gli stessi controllori, in un rapporto a due ove il pubblico cosa fa?

Di Giorgio Santoriello

Laureato in Lettere, attivista amante della Basilicata ma poco dei lucani.