”Non ho mai visto tanti metalli in un animale” – a detta del nostro laboratorio, invece uno studio dell’IZS pubblicato su Springer nega l’impatto.
di Giorgio Santoriello e Giusy Puppo
La frase che abbiamo virgolettato nel titolo è di un chimico, nostro esperto di fiducia, un uomo oltre che uno scienziato, che a differenza dell’ArpaB o di altri enti simili, scrive in calce ai rapporti che evade anche un referto di “non conformità”, due parole magiche che spaventano molti tecnici e soprattutto l’Ordine dei chimici lucano. Candidamente il nostro esperto ha commentato così l’esito analitico di alcuni campioni ovini partiti dalla Basilicata nel gennaio 2016: 3 organi ovini, provenienti dalla Valle del Sauro, o meglio da una delle nostre stupende valli dei veleni. Campioni dei quali leggerete il referto privo dei riferimenti privati: vi offriamo una lettura comparata tra lo studio A (il nostro ove leggerete i rapporti di prova) e lo studio B, quello fatto da un’equipe di scienziati tra i quali alcuni dirigenti/ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata, privo di certificati d’analisi allegati.
Studio A: Cova Contro si mette a disposizione di un privato cittadino della Valle del Sauro che vuole vederci chiaro nelle sue frequenti morie di bestiame, e noi gratuitamente lo assistiamo. Dopo pochi mesi arrivano i risultati di laboratorio accompagnati dal commento ufficioso: “non ho mai visto tanti metalli in un animale“. Effettivamente i valori che vi alleghiamo sono i più alti da noi mai visionati anche previa ricerca su siti specializzati e letteratura scientifica in materia, con tassi di piombo presenti negli organi dell’ovino lucano fino a centinaia di volte i campioni cinesi citati in studi scientifici internazionali.

Gli esiti dello studio A: cuore, fegato e reni dell’ovino corletano erano tutti fuori-legge per i parametri di piombo e cadmio che per il regolamento UE n. 1881 devono rimanere entrambi al di sotto dei 0,5 mg/kg. Per l’ovino nostrano i valori erano: CUORE – 3,32 mg/kg di piombo (oltre sei volte la soglia di legge); FEGATO – 13,1 di piombo ed 1,5 di cadmio; RENI – 542 mg/kg di piombo (oltre mille volte la soglia di legge UE) ed 1,4 mg/kg di cadmio. Degni di approfondimento i valori per esempio di: cromo, manganese, zinco e rame sempre nei medesimi organi che arrivavano in qualche caso anche ben oltre il migliaio di mg/kg. Anche l’acqua di falda nell’area di allevamento degli ovini, è risultata pesantemente contaminata da solfati, piombo, alluminio, ferro, manganese e pesanti tracce di idrocarburi ( 273 mcg/l) a fronte dei 350 previsti per legge (152/06). Piombo e manganese i contaminanti maggiormente presenti ( 29 mcg/l e 550 mcg/l ), oltre, anche qui, a tracce di cadmio.
Cosa dice invece lo studio B. Lo studio di recente pubblicazione si intitola: ”Environmental monitoring of the area surrounding oil wells in Val d’Agri (Italy): element accumulation in bovine and ovine organs “ ed è disponibile gratuitamente, dietro richiesta agli autori, sul sito – Researchgate, ed è stato pubblicato dalla Springer (The final publication is available at ink.springer.com). Lo studio ricerca 18 metalli pesanti (mancano quindi tutti gli altri inquinanti, dalle diossine, agli idrocarburi, passando per i ritardanti di fiamma o i composti organici volatili ) nei reni, polmoni e fegati di ovini e bovini cresciuti nelle zone a ridosso (senza specificare – ndr) delle aree pozzo di Val d’Agri e Valle del Sauro, per un totale di 129 organi. Lo studio rileva delle contaminazioni oltre soglia in “soli” 5 campioni su 129, contaminati in termini di legge, da piombo e cadmio ed i ricercatori parlano comunque di “contaminazione bassa”. Di conseguenza questi risultati suggeriscono anche che “non c’è nessun rischio particolare per l’esposizione umana alla tracce tossiche rilevate“. Tuttavia, i risultati di questo lavoro confermano che “l’accumulo nella specie ovina è correlato all’area geografica“. Gli organi animali sono stati raccolti da un unico macello, sotto la supervisione del personale coinvolto nel progetto di ricerca, i quali hanno controllato che tutte le operazioni fossero eseguite evitando ogni possibile contaminazione dei campioni. I campioni, stando agli autori dello studio, possono essere considerati “rappresentativi” della rispettiva area geografica, dal momento che gli animali sono nati e cresciuti nei tre settori: Viggiano, Grumento e Corleto Perticara.

L’area di provenienza dei 129 campioni è di circa 1700 kmq e viene delimitata da tre semplici coordinate ma della tracciabilità dei campioni non si evince nulla dallo studio, infatti non è specificato quali campioni provengano da aree attigue ai pozzi e quali da aree distanti anche decine di chilometri dalla potenziale fonte inquinante. Si ipotizza il nesso di causalità in premessa, si trovano 5 contaminazioni, e senza analizzare i mangim per esempio, o il foraggio, si esclude comunque un impatto petrolifero, nonostante il piombo ne sia un tratto distintivo e verosimile ed infatti si parla di “correlazione all’area geografica“. Il fegato più contaminato rilevato dallo studio B è centinaia di volte meno contaminato, sempre per il parametro piombo, del nostro campione di rene, come del resto tutti gli altri campioni: i nostri tre soli campioni, tutti positivi, sono positivi sempre di diversi ordini di grandezza rispetto i campioni positivi dell’IZS. In aggiunta noi abbiamo studiato (studio A) anche l’acqua di abbeveraggio degli ovini, studiando anche il cuore che a detta del nostro laboratorio di fiducia, poteva essere nel caso specifico un miglior organo-indicatore rispetto ai polmoni studiati dall’IZS.
Le troppe contraddizioni e parzialità dello studio B.Come fa lo studio IZS (B) a dire che la contaminazione collegata ai pozzi petroliferi è minima se non sono state cercate tutte le sostanze collegate all’attività petrolifera? Gli autori degli studi conoscono gli elementi costitutivi i fanghi / additivi petroliferi o tutti gli altri prodotti chimici e sottoprodotti derivanti dalla filiera in questione? Un pozzo produce gli stessi inquinanti di un centro oli? Se bisogna stabilire un nesso, allora perché non cercare i composti principali, ed antropici, direttamente correlabili incrociando le analisi tra foraggio, acqua, animale ed anche potenziali farmaci veterinari in uso in modo da escludere ogni variabile in gioco? Come si fa a dire che non c’è impatto/rischio sanitario ma si evidenza una correlazione geografica: rispetto a cosa? Uno studio generico ed impreciso come fa a definirsi “scientifico e rappresentativo”?

Lo studio IZS è stato finanziato dalla Regione Basilicata, non è dato ancora sapere quanto è costato e quanto è durato tra fase di prelievo e pubblicazione del lavoro: sicuramente possiamo ipotizzare un costo di alcune decine di migliaia di euro visti il numero di campioni, lo staff di livello impiegato e la strumentazione usata. Praticamente ancora una volta la scienza ufficiale non ci dice la verità, invece comuni cittadini con poche centinaia di euro hanno rilevato contaminazioni preoccupanti che spettava alle pubbliche autorità tracciare. Chi ha selezionati i punti di campionamento dello studio B? Chi ha scelto i contaminanti da ricercare? Perché non prelevare i campioni direttamente nelle aziende? Come ha fatto lo studio “B” ad emanare addirittura un parere tossicologico-sanitario, “escludendo rischi particolari per la salute umana”? Come escludere il rischio sanitario se mancano i dati sanitari proprio nella bibliografia dello studio IZS (B), ove non compaiono i dati dell’ISS sull’aumento di mortalità nella zona?

Quando la “mala-politica” influenza le bibliografie della ricerca. Altra mancanza ancora più grave nella bibliografia dello studio B sono proprio i biomonitoraggi svolti dalla Metapontum Agrobios, e che noi pubblicammo un anno fa mezzo stampa e TV, nei quali oltre ai metalli, già nel 2008 erano stati rinvenuti anche idrocarburi pesanti e cloroformio in foraggio e latte provenienti proprio dalla Val d’Agri. Quindi lo studio B perché non ha preso in considerazione anche la ricerca di idrocarburi e metalli nel latte prelevando magari qualche organo in meno ma tessendo una ricerca più solida?
Lo studio B perché non spiega come sono arrivati i metalli negli animali con i 5 organi contaminati oltre soglia? Perché gli autori dicono prima cosa sia tipico dell’inquinamento petrolifero e dopo escludono che il petrolio stia inquinando? Piombo e cadmio arrivano dai mangimi, dall’acqua, dai fitofarmaci o sono delle mucche turbodiesel come avrebbe ipotizzato il consigliere regionale Polese? Perché non dicono chiaramente dall’inizio alla fine che lo studio da parziale non può emettere giudizi definitivi come invece in seguito fa?
Ci siamo messi a disposizione degli autori, sensibilizzandoli in più direzioni: dall’utilizzo di tempi e modi verbali che rispecchino la reale parzialità degli studi alla non scientificità dei metodi di campionamento e della trattazione sia dei nessi causali che degli eventuali rischi-danni sanitari. Le parole usate dagli scienziati autori dello studio sono chiare e ridondanti, e nelle conclusioni dello studio non annoverano mai le parole: prudenza, precauzione e prevenzione, né alludono a tossicità cronica, acuta od indiretta o a effetti sinergici degli inquinanti, anzi gli autori in barba a quanto noto alla scienza ufficiale escludono, con dati parziali, ogni rischio per la salute umana! Si parla addirittura di “piani di recupero” nello studio B ma non di “piani di prevenzione”: recupero per quale motivo? Si è perso qualcosa? Contestiamo in toto la scientificità di suddetto lavoro, mettendoci a disposizione degli autori sia per migliorarlo, sia per velocizzarlo, ma soprattutto per chiedere alle autorità di controllo quale sia la reale situazione ambientale ed il relativo rischio sanitario per l’area in questione, oltre alla creazione di un archivio pubblico ove i cittadini possano accedere gratuitamente ad ogni studio scientifico pagato con i soldi dei lucani e che abbia studiato l’ambiente lucano.