A firmare il documento sottostante, ossia i dati biostatistici che Eni raccoglie sullo stato di salute dei suoi dipendenti nel COVA, sono stati gli indagati e i funzionari ENI sospesi dalla compagnia stessa in seguito alle indagini o agli arresti domiciliari su Trivellopoli, ( uno dei quali nascondeva gli incidente sul lavoro degli operai dell’indotto non di quelli ENI – ndr ) ed in più firmati dal medico Enrico Giliberti della Soc. Teco srl, un medico di famiglia convenzionato con l’ASP di Potenza che lavora a Villa d’Agri, ma che presta attività privata con la sua srl ad ENI. Dal profilo linkem del medico Enrico Giliberto si evince che lavora per ENI dal 1998 ed è altresì convenzionato con l’ASP dal 1982, è un esperto di medicina del lavoro presso ENI spa, quindi con una mano prende dal pubblico e con l’altra dal privato. Sul sito dell’ASP della sua attività con ENI non compare nulla, inclusa l’eventuale richiesta di auto-riduzione dei pazienti a fronte dell’attività privata svolta.

Ma vediamo questo medico esperto di lavoro ed imprese cosa ha firmato. Lo studio ENI parte dal 2003 e prosegue fino al 2014, studia una media di circa 130 lavoratori annui, età media 35 anni, di cui circa il 60% residente in Basilicata ( da quanti anni residente non viene detto ) e lo studio, se così dobbiamo chiamarlo, risale come ultima revisione al 4 dicembre 2015. Lo studio attesta che mediamente oltre il 25% dei lavoratori presenta audiometrie alterate e l’ENI ammette subito cause e concause: colpa delle mansioni lavorative ed un non assiduo uso delle cuffie protettive. Per i problemi di funzionalità respiratoria si passa dal 20% del 2003 all’1,59% del 2014, precisando che oltre il 60% del personale Cova non è fumatore. Per gli elettrocardiogrammi alterati anche qui si passa dal 20% del 2003 al 3,18 del 2014. Analisi del sangue e delle urine svolte sono quelle routinarie, misurazione della pressione e poco altro, praticamente lo screening dell’ENI è vuoto di dati specifici.
Le falle dei dati biostatistici di ENI: i dipendenti dell’indotto, ossia la maggior parte, non esistono nello studio, idem i dipendenti delle aziende di servizi alle perforazioni ( Halliburton, Schlumberger etc…). Le analisi presentate sono più scarne addirittura del protocollo sanitario proposto e mai attuato per gli abitanti di Pisticci Scalo, e lo studio ENI nulla ha a che vedere con un vero piano sanitario di medicina ambientale, come per esempio quello applicato per il termovalorizzatore del Gerbido. Manca la ricerca di tutti i contaminanti ambientali, dai metalli agli ipa fino ai microinquinanti organici, nonchè tutti gli altri marker clinici che permettono di comprendere lo stress dei tessuti o dei processi enzimatici del corpo a fronte di eventuali fenomeni di inquinamento. Mancano i dati neurologici ( i lavoratori del COVA arrivano a turni anche di 12 ore ), le analisi sugli effetti di eventuali interferenti endocrini o metabolici, non vi è alcun parametro scientifico usato per calcolare i tempi di esposizione o di latenza, alcun quadro clinico pregresso del personale ed addirittura manca l’anamnesi degli stessi e soprattutto non compare alcuna informazione sui principali inquinanti presenti nel COVA ed un relativo piano di tutela sanitaria specifico, invece si procede con il solito discorso sul tabagismo, il diabete e l’alimentazione, e addirittura l’AIDS, infatti anche quest’ultima compare nello studio ENI. Incomprensibili gli esiti delle spirometrie.

In appena 60 pagine si affronta non solo la Val d’Agri ma addirittura anche i dipendenti di altri stabilimenti del sud-Italia, tutto in un macro-aggregato che non dice nulla se non che ENI anche su questa tematica non vuole approfondire realmente, prova ne è l’affidamento di uno studio così delicato non ad un gruppo di scienziati ed accademici ma ad un semplice medico di famiglia locale. Lo studio termina di punto in bianco con il passaggio sul registro tumori lucano, all’epoca non accreditato, le cui cause ambientali di morbosità oncologica per il Crob di Rionero sono riconducibili ad un 5% massimo, quando la scienza ufficiale afferma oggi come allora già l’opposto. Chissà perchè le tesi del CROB sembrano così complementari a quelle di Eni.
La Procura di Potenza pare stia valutando anche il danno sanitario nell’inchiesta di Trivellopoli, e coincidenza, anche il consulente della procura, che pare essere il Prof. Francesco Tomei, non possiede un curriculum “ENI-free” infatti visionandolo compare nel 2007 un corso per gli addetti al primo soccorso per l’ENI, forse perchè Tomei è un luminare ed ha svolto anche studi riguardanti l’esposizione ad idrocarburi e a tanti altri tipi di inquinanti in diversi ambiti, ma il Prof. Tomei è anche il soggetto proponente dello spin off ( impresa ) denominata Sipro srl – un soggetto economico collegato alla Sapienza di Roma, che nel 2014 organizzò un corso di aggiornamento, con tanto di crediti, sul tema dell’alimentazione in rapporto al lavoro, ed ovviamente tra i corsi formativi tenuti vi è anche quello dell’ENI, che parla dell’alimentazione offerta dalla stessa nelle sue strutture. Ma come mai ENI la troviamo sempre come il prezzemolo nelle minestre, ed anche nei curriculum dei consulenti della procura che su Eni indaga: i cittadini devono credere nella giustizia o sperarci?

I sindacati proprio su questi dati dovrebbero come minimo annunciare uno sciopero generale, perchè se questa è la sorveglianza sanitaria di ENI allora la prevenzione è in parte abolita ed in futuro sarà quasi impossibile o assai difficoltoso, accertare le malattie professionali o i danni sanitari contratti sul lavoro, se da subito non si migliora seriamente questa sorveglianza priva di analisi tossicologiche in senso stretto.