Stamane ci hanno mandato questo video:

indicandoci in allegato, come si intravede nel video stesso, che sarebbe scattato il piano di emergenza comportando l’assembramento di persone nel piazzale antistante l’impianto ENI di Viggiano. Non sappiamo se sia stata coinvolta nell’evacuazione anche la gente lì residente ed i non lavoratori del COVA.

Cogliamo l’ennesima triste occasione per sottolineare come la Regione Basilicata al di là dei comunicati stampa e dei selfie sui social di fatto non abbia mutato il suo atteggiamento servile verso le compagnie petrolifere. Spediremo oggi l’ennesima pec per proporre in sintesi:

  • una digitalizzazione reale dei sistemi di monitoraggio regionali, senza accessi segreti o non registrati, ed un costante coinvolgimento dei cittadini nella raccolta e divulgazione dei dati in tempo reale, via web, in maniera chiara e completa. Adottare il principio della scatola nera, improntato alla massima velocità, incorruttibilità e trasparenza. Si può, si deve, ENI ha supercalcolatori per le sue attività noi vecchi sistemi informatici fermi all’età della pietra;
  • controlli ai camini, SME, per tutti i parametri scientificamente noti, normati e non;
  • doppio sistema di controllo in caso di malfunzionamento e manutenzione;
  • ricalcolo della modellistica di dispersione degli inquinanti per tutte le matrici, aumento delle centraline ed ammodernamento delle stesse;
  • utilizzo di droni e camere all’infrarosso, FLIR, nonchè tecnologie satellitari per controlli specifici su perdite, emissioni fuggitive o non convogliate;
  • divieto del gas flaring: le torce degli impianti lucani sono in realtà termodistruttori che garantiscono la sicurezza secondo una vecchia logica costruttiva industriale. Quei gas potrebbero essere abbattuti termicamente, lavorati e riutilizzati invece che bruciati in atmosfera per avvelenare persone e clima. Imporre davvero le nuove tecnologie disponibili;
  • ripresa dei monitoraggi sismici e della subsidenza sempre in maniera terza e partecipata;
  • utilizzo ordinario dei traccianti atossici per tutte quelle lavorazioni e strutture che producono o trattano liquidi inquinanti potenziale fattore di sversamento;
  • automaticità della pubblica inchiesta nei rinnovi autorizzativi VIA-AIA;
  • istituzione di un elenco pubblico dei comitati/associazioni portatrici di pubblici interessi che vogliono partecipare alle conferenze di servizi con un sistema di convocazione automatico;
  • regolamentazione dei parametri non normati: le Regioni possono porre valore soglia più restrittivi a quelli nazionali ove presenti ed introdurne di nuovi per gli inquinanti non normati come gli idrocarburi non metanici, prodotti dall’industria petrolifera. Stesso discorso per il bario, o per i vari polimeri coperti da segreto industriale che di fatto esulano da ogni controllo;
  • un albo pubblico e dettagliato degli incidenti/anomalie/malfunzionamenti degli impianti con referti completi e dettagliati, incluso un rendiconto dei controlli AIA e straordinari;
  • un tavolo permanente di confonto, anche in streaming, tra enti, compagnie e rappresentanti delle associazioni richiedenti visto che ENI e Total rifiutano ogni pubblico confronto avvallati da una Regione complice di questo modello quartomondista.

E’ palese che la Regione Basilicata, al di là dei colori politici, aspetti l’incidente per migliorare i controlli, è palese che siano i petrolieri a dettare la linea su tutto, da Roma a Potenza, è palese anche che questo modo di fare stia sviluppando degli anticorpi in una parte della popolazione che è diventata consapevole del grande inganno fossile: vantaggi per pochi, problemi per tutti. Non possiamo aspettare ogni volta che sia la magistratura a sostituirsi alla Regione, serve vera prevenzione e veri controlli: è umiliante pensare ancora di sopravvivere per il buon cuore di inquinatori seriali senza scrupoli.