Molti inquinanti amano i grassi, e accumulandosi lì, proprio il latte assurge a matrice sentinella. Dopo le diossine nel latte di capra a Potenza, il piombo nel latte di Corleto oltre agli idrocarburi, e dopo aver ritrovato questi ultimi anche nel formaggio di Pisticci Scalo, siamo passati ad analizzare il caciocavallo podolico ( sempre materano ) acquistato presso un punto vendita di Ferrandina, con tanto di etichetta ARA ( Associazione Regionale Allevatori ) ed un valore di oltre 30 euro al chilo. Ovviamente abbiamo proseguito il paragone con altri formaggi industriali presenti nella grande distribuzione e questa volta abbiamo preso il Parmigiano Reggiano DOP in un supermarket di Policoro.

Nel caciocavallo podolico il laboratorio ha rilevato 754 mg/kg di idrocarburi pesanti, nel parmigiano reggiano DOP, 92,81 milligrammi/kg di idrocarburi pesanti. Abbiamo ripetuto la ricerca degli idrocarburi anche nel fegato di podolica, in commercio, ed i valori pur essendo crollati rispetto al primo campionamento di tre mesi prima, denotano comunque tracce rilevabili di idrocarburi pesanti nell’ordine di 3,6 mg/kg, meno idrocarburi li abbiamo invece rilevati nelle costate di podolica sempre acquistate a Ferrandina. L’aziende produttrice del caciocavallo, che dovrebbe essere la stessa delle carni, vende i suoi prodotti anche nei comuni vicini, infatti abbiamo documentazione fotografica che ne prova la vendita anche a Pisticci per esempio.

Le analisi sono state svolte trattando l’alimento come rifiuto/suolo ( per la legge i limiti di idrocarburi pesanti nei suoli ad uso residenziale è 50 mg/kg, per quelli industriali 750, praticamente siamo di fronte a “formaggi – rifiuto, da bonificare” ), ricorrendo alle analoghe metodiche, visto che non esiste metodica accreditata per la ricerca specifica degli idrocarburi pesanti negli alimenti. E’ da mesi che segnaliamo i nostri risultati a tutti i livelli, locali ed europei, e ad eccezione dei NAS, non abbiamo ricevuto concreti riscontri da nessuno, anzi solo intimidazioni da politica e ministero della salute, nonchè le lamentele di un nostro laboratorio che ci ha segnalato rimostranze ricevute per le nostre analisi da parte di un alto funzionario del ministero della salute. Consumatore informato, mezzo salvato: i prodotti lucani sono ottimi, sulla carta, ed è proprio quest’ultima quella che manca, il foglio di carta che vi attesti la reale salubrità chimica dei prodotti. Una battaglia che noi di Cova Contro stiamo estendendo oltre la Basilicata, perchè tra inquinamento, carenze nei controlli, mafie e ricatti economici l’unico a pagare per tutti è il consumatore non informato. Dobbiamo difendere la nostra salute ed i nostri prodotti contemporaneamente, ma come? Con la trasparenza: un territorio privo di programmazione porta attività impattanti a ridosso di luoghi di pregio alimentare, ed il risultato è il danneggiamento di tutti, produttori e consumatori. Noi cerchiamo dialogo e confronto pubblico con tutti, denunciamo per avere soluzioni, delle minacce non sappiamo cosa farcene, dell’indifferenza tanto meno. Il problema c’è, ossia il trascinamento degli inquinanti ambientali nella catena alimentare, ma su questo aspetto c’è troppo torpore, un’omertà che puzza di egoistica connivenza. Perchè le associazioni di categoria non chiedono un reddito di sostegno per tutti quegli agricoltori/allevatori colpiti da inquinamento indotto? La magistratura cosa aspetta ad appurare il danno alla salute pubblica? Perchè si permette il pascolo e la coltivazione a ridosso di discariche, industrie ed aree pozzi? Chiederemo poi lumi anche al consorzio del parmigiano DOP come sia possibile tale risultato, nonchè la possibilità di ripetere a sorpresa le analisi visto che anche il pecorino romano aveva mesi fa dato un riscontro analitico positivo per gli idrocarburi pesanti ma che tuttavia era circa la metà di quello del parmigiano.