Quando la piovra diventa IGP
di redazione PuntoeBasta
Pubblichiamo un abstract preso dagli atti della DDA di Reggio Calabria relativi alle recenti notizie di cronaca. Meno male che la Regione Basilicata aveva aderito a luglio all’Osservatorio sulle Agromafie, meno male che Gian Carlo Caselli anche in Basilicata è venuto a parlarci di mafie attive nel settore dell’agroalimentare, meno male che i controlli funzionano e che il problema è sempre in casa degli altri. E dopo il petrolio ed i suoi rifiuti, troviamo la criminalità organizzata anche in altri settori.

Dalle intercettazioni della DDA reggina si leggono cose surreali: la cosca Piromalli & Co. con l’aiuto dei Fratelli Careri si adoperavano per brillantare e filtrare l’olio di sansa al fine di venderlo negli USA come olio extravergine di oliva. Lo scadente e poco salutare olio di sansa ( tra l’altro generalmente usato nei forni nostrani all’insaputa dei più, per condire le nostre ottime focacce e falaoni – ndr ) pare prevenisse da: Grecia, Siria e Turchia camuffando e truffando i consumatori finali americani, non solo sulla tipologia del prodotto e la relativa provenienza ma anche sulla data di scadenza del medesimo. Broker d’oltreoceano era Rosario Vizzari, definito nelle carte della DDA:”…storico punto di riferimento della cosca Piromalli a New York” e secondo la magistratura proprio Vizzari era il perno dei re-investimenti e delle truffe nel mercato americano ed inserito con le sue società, nell’albo degli spedizionieri accreditati dalla FDA ( Food and Drug Administration ) americana, e con intricati passaggi societari, questi “mercati” avevano sponde societarie fino a Shangai. Dalle intercettazioni emerge come Vizzari rifiutò in seguito un “blend” (miscela) tra olio di girasole ed extravergine perché pare che in base ai controlli doganali americani, tra ultravioletto e spettrometria, gli USA avessero la possibilità di individuare la miscela ( quindi il girasole ) bloccando il prodotto: esami invece pare raggirabili secondo Vizzari, ricorrendo all’olio di sansa. Tutto ciò messo in piedi solo per camuffare le caratteristiche organolettiche, visive e nutrizionali dell’olio perchè la ndrangheta non garantiva certo su eventuali contaminanti altri presenti nel prodotto.
Vizzari in seguito voleva cambiare fornitore per l’eccessiva quantità di cere e sedimenti presenti nel prodotto dei fratelli Careri e passare così nel 2016 all’oleificio Sità, al quale chiese olio privo di etichettatura, perché Vizzari lo avrebbe ri-etichettato in USA dopo i controlli doganali, con la dicitura “Bel Frantoio”; etichette in seguito effettivamente ordinate in Italia secondo le indagini. Vizzari infatti conosce le falle nei controlli americani ( falle di cui abbiamo già accennato qualcosa nel nostro servizio sull’export del biologico italiano verso gli USA – ndr ), in aggiunta al fatto che in America non c’è l’obbligo dell’indicazione della scadenza dell’olio, e Vizzari infatti riesce a vendere la prima tranche di 200mila euro d’olio ( scaduto e miscelato – ndr ). Ma Vizzari da bravo broker dell’olio “motore” era intento anche ad accompagnare presso le aziende locali i potenziali clienti americani e nel giugno 2015 arriva in compagnia a Policoro (MT), e dopo essere stati a Rutigliano, nel Metapontino incontrano Giovanni Capalbi classe ’74, ex assessore al Comune di Stigliano, rappresentante della Confapi di Matera, attivo nei consorzi locali per la promozione della filiera agroalimentare materana – l’incontro probabilmente volto a portare i prodotti tipici lucani negli USA con la mediazione della ndrangheta.
E dopo Vizzari, la DDA dedica un paragrafo al binomio Curdì – Rucireta, affiliati ai Piromalli. Nicola Rucireta viveva a Pisticci, spaziava dall’edile, villaggi turistici inclusi, ai servizi anche in campo ambientale. La sua compagna era presente in almeno tre società, di cui una aggiudicataria sotto l’amministrazione Di Trani di un lavoro a Pisticci. Rucireta nelle intercettazioni parla di tutto e tutti: dalla voglia di fare affare nei lavori per il Club Med di Marina di Pisticci, fino agli incontri con i vertici di Valtur, Club Med, Alpitour e GlaxoSmithKline. Rucireta nelle intercettazioni racconta della mazzetta data ad Aiolfi Arnaldo, head manager di club med, oppure dei regali arrivati dal bagagliaio della sua auto anche ad altri manager, come per esempio a Piacenza ove un ex sindacalista e consulente Valtur assieme ad un manager della GlaxoSmithKline ricevettero da Rucireta oggetti presi con più viaggi dal suo portabagagli.

Tante le tappe racchiuse nei verbali della DDA: Rucireta sembra Babbonatale. Nei verbali Rucireta racconta a Bellitti ( Pasquale, endocrinologo e dirigente del PD – ndr ) delle raccomandazioni chieste da Di Trani per un lavoro assegnato alla sua società, e della necessità di trovare un agronomo competente per il business della gestione delle pinete del Metapontino, affare da svolgere con la Biopuglia srl. Bellitti nelle intercettazioni si mette apparentemente a disposizione dell’affiliato ai Piromalli, nel contattare Domenico Romaniello, direttore Alsia, ma viene fatto nei verbali anche il nome di Vincenzo Capece, dirigente sempre dell’Alsia, quest’ultimo attivo anche nel comitato ambientalista di Pisticci Scalo.
Ma Rucireta Nicola ha contatti anche nell’Unibas, ove contatta Angelo Nolè, docente di scienze forestali, progettando la vendita del legname delle pinete metapontine per la trasformazione in ceppato per le centrali elettriche a biomasse. E poco dopo Rucireta all’Unibas ci andrà di persona per incontrare oltre al prof. Nolè anche il prof. Ignazio Mancini, ordinario di ingegneria sanitaria ambientale e direttore della scuola d’ingegneria Unibas, per poi recarsi al dipartimento agricoltura della Regione Basilicata. Alla fine Rucireta sembra rinunciare all’affare pinete per i costi troppo alti direbbe lui, e lo comunica a Nicola Vallinotto scrive la DDA ( anche se il cognome più logico e riscontrabile nel Metapontino sarebbe Vallinoto ).

O grandi sprovveduti ingenui e senza idea di pudore, o grandi attori – la famiglia Pittella adesso aggiunge un’altra stella al suo “red carpet” familiare: passa dalle brigate rosse ai Piromalli con quel punto interrogativo lasciato ancora aperto dal libro di Andrea Galli – Il Patriarca – ove nel ricostruire le latitanze del boss calabrese Antonio Pelle, trova stralci di pedinamenti che seguirono il boss Pelle fino a Lauria paese per poi perderne le tracce. Forse Pelle era in cerca dell’ennesimo medico che ne attestasse il cagionevole stato di salute e quindi assicurargli maggiori confort in caso di detenzione.