In questi giorni siamo stati invasi da più fonti d’informazione che, scenograficamente e statisticamente, hanno cercato di rassicurarci circa la non tossicità del gas che, parrebbe, essere in giro sopra le teste degli europei a causa del sabotaggio del gasdotto Nord Stream.
Inizialmente autorevoli colleghi della ICON, struttura di ricerca nata per osservare e quantificare il bilancio dei gas serra dell’Europa e delle regioni adiacenti, attraverso le loro stazioni di rilevazione degli inquinanti in atmosfera, hanno pubblicato un primo report il 30 settembre scorso.

In esso leggiamo che:
“A causa dei danni alle linee del gas Nord Stream nel Mar Baltico, un’enorme quantità di gas metano è stata rilasciata nell’atmosfera. Si stima che la perdita corrisponda all’entità delle emissioni di metano di un anno intero per una città delle dimensioni di Parigi o un paese come la Danimarca. Le emissioni di metano sono confermate dalle osservazioni a terra ICOS da diverse stazioni in Svezia, Norvegia e Finlandia. Molto probabilmente i satelliti di osservazione non sono stati in grado di vedere le perdite di emissioni, perché il tempo era nuvoloso”.
Nello stesso articolo il professor Stephen Platt del NILU (Norwegian Institute for Air Research) afferma che “Presumiamo che il vento nell’area della perdita abbia spinto le emissioni di metano a nord fino all’arcipelago finlandese, quindi si pieghi verso la Svezia e la Norvegia”. Il video che segue è la rappresentazione delle supposizioni del professore.
Effettivamente le condizioni meteo di quei giorni sull’area erano proibitive, ossia fino al giorno prima in cui è stato scritto l’articolo. Le immagini del satellite Sentinel-3, confermano quanto affermato.

Di parere opposto sono i colleghi dell’ESA che in un articolo del 6 ottobre titolavano,
“I satelliti rilevano il pennacchio di metano nella perdita del Nord Stream”.

Una delle primissime frasi che saltano all’occhio cita che: “Sebbene il metano si dissolva in parte nell’acqua, rilasciata successivamente come anidride carbonica, non è tossico, ma è il secondo gas serra antropogenico più abbondante nella nostra atmosfera che causa il cambiamento climatico”. Inoltre sottolinea che: “a causa della copertura nuvolosa persistente sull’area, l’acquisizione di immagini dai satelliti ottici si è rivelata estremamente difficile.” Le immagini ad alta risoluzione catturate da Pléiades Neo e Planet, entrambe parte del Programma Missione di Terze Parti dell’ESA, hanno mostrato il disturbo che variava da 500 a 700 m sulla superficie del mare. Diversi giorni dopo, è stata osservata una significativa riduzione del diametro stimato del disturbo da metano a causa dello svuotamento del gas dei gasdotti. Le immagini catturate dalla missione Copernicus Sentinel-2 e US Landsat 8 lo hanno confermato. Poiché disturbi come questi causano un “irruvidimento” della superficie del mare, ciò aumenta la retrodiffusione osservata dagli strumenti radar ad apertura sintetica (SAR), che sono estremamente sensibili ai cambiamenti della superficie del mare a tale scala. Questi includono gli strumenti a bordo della Copernicus Sentinel-1 e la costellazione ICEYE, la prima compagnia New Space ad entrare a far parte della flotta delle Copernicus Contributing Missions”.
GHGSat, che abbiamo già incontrato in un recente articolo sulla scoperta di metano in Africa settentrionale, leader nel monitoraggio delle emissioni di metano dallo spazio e anche parte del Third Party Mission Program dell’ESA, ha incaricato i suoi satelliti di misurare la perdita del gasdotto Nord Stream 2 con la sua costellazione di satelliti ad alta risoluzione (circa 25 m).
Incaricando i suoi satelliti di ottenere misurazioni con angoli di visione più ampi, GHGSat è stato in grado di mirare all’area in cui la luce del sole rifletteva più forte dalla superficie del mare, nota come “punto di scintillio – glint spot”. L’immagine satellitare del 30 settembre che segue rappresenta la geolocalizzazione della dispersione del metano in atmosfera.
L’immagine .gif che segue evidenzia la fuga di gas rilevata da Copernicus Sentinel-2
Noi di Cova Contro, che in questi anni abbiamo evidenziato le potenzialità dei dati SAR della costellazione Copernicus, nell’occasione specifica, presentiamo e sottoponiamo ai colleghi dell’ESA, le nostre analisi e considerazioni.
Partendo dalla geolocalizzazione del dato GHGSat e confortati dalle parole di Craig Donlon, scienziato dell’ESA, che ha dichiarato che: “Il potere degli strumenti radar a microonde attivi è che possono monitorare le firme della superficie oceanica del metano in gorgogliamento attraverso le nuvole su un’ampia striscia e ad un’elevata risoluzione spaziale, superando uno dei principali limiti agli strumenti ottici. Ciò consente di stabilire un quadro più completo del disastro e della relativa tempistica degli eventi”.
L’analisi da noi condotta, impiegando sw quali Envi 5.6.2., SNAP e QGIS 3.24.3, ha permesso di scoprire che anche il giorno 29 settembre, contrariamente a quanto hanno affermato i colleghi della ICON, che ricordiamo essere una struttura di ricerca nata per osservare e quantificare il bilancio dei gas serra dell’Europa e delle regioni adiacenti, era possibile geolocalizzare e misurare la riduzione del diametro stimato del disturbo da metano a causa dello svuotamento del gas dei gasdotti.


Una particolarità, che è mostrata nell’immagine di copertina è l’impiego del dato SAR con polarizzazione VH. Essa è una modalità di polarizzazione radar (proprietà che si applica alle onde trasversali che specifica l’orientamento geometrico delle oscillazioni) in cui le microonde del campo elettrico sono orientate sul piano verticale per la trasmissione del segnale e in cui il campo elettrico polarizzato orizzontalmente dell’energia retrodiffusa viene ricevuto dall’antenna radar.
Nel seguito si mostrano immagini di comparazione tra il dato prodotto da Sentinel-1A e Sentinel-2, da noi elaborato e la comparazione che permette di misurare la riduzione del diametro stimato del disturbo da metano a causa dello svuotamento del gas dei gasdotti tra il giorno 29 e 30 settembre.

Conclusioni
La tecnologia SAR, contrariamente a quanto noto per i dati ottici, anche con la presenza di consistenti nubi, permette di effettuare una completa attività di monitoraggio delle matrici ambientali. La corretta estrazione delle informazioni in esse contenute compete espressamente al personale specializzato e formato. Nel lavoro specifico, la trattazione del dato SAR con la polarizzazione VH, ha permesso di evidenziare una chiave di lettura non sempre considerata nel mondo scientifico.