La congiura del silenzio va denunciata con forza e a tutti i livelli.

Vi alleghiamo quattro vergognosi pdf, che dimostrano come le istituzioni pagate da noi cittadini, non stiano tutelando fino in fondo la salute dei consumatori nonché il nostro diritto all’informazione.

Nella prima  lettera, a maggio 2015, avevamo chiesto all’ASM un resoconto sulle indagini sanitarie e veterinarie sullo stato di salute degli alimenti prelevati in Basilicata in base al piano nazionale integrato ( ossia ciò che il Ministero della Salute chiede di controllare alle autorità locali ). L’ASM dice che non è prevista alcuna relazione sull’andamento dei monitoraggi alimentari ( cosa che a noi non risulta, almeno per le anomalie ) e che per gli eventuali sforamenti dei parametri di legge, per ragioni di privacy, non è possibile divulgare i dati. Analogo discorso per gli eventuali standard di qualità seguiti dal personale di controllo dell’ASM, per i quali ci è stato scritto che non vi è obbligo di trasmissione/pubblicazione dei dati che spieghino ai cittadini gli stati di accreditamento/aggiornamento conseguiti dalle strutture di controllo sanitarie, sia per ciò che concerne le strutture che per il personale. Praticamente la filiera di chi campiona alimenti e dintorni, come campiona e come analizza non si può sapere, perché la trasparenza non è un diritto, è un’optional a disposizione della sola magistratura.

Nella seconda lettera allegata, per l’Unmig, l’ufficio ministeriale che si occupa delle attività minerarie, un cittadino/associazione di Policoro “non ha interesse pubblico o diffuso, nell’accedere” al fascicolo storico di un pozzo petrolifero che sia collocato a Corleto come a Pisticci: come se gli alimenti, o l’acqua, o l’aria condivisa non potessero essere le medesime. Praticamente per il ministero, l’inquinamento o il danno sanitario, segue i confini amministrativi. L’Unmig riporta che:”tali informazioni (i fascicoli sui pozzi – ndr) sono accessibili solo dietro autorizzazione dei concessionari dei titoli minerari”, ( le compagnie petrolifere – ndr ) le quali sono “controinteressate al procedimento di accesso”. Praticamente l’Unmig è pagato dagli italiani per custodire le carte dei petrolieri?

Ultima lettera: ci siamo informati per capire dove finisse la carne degli allevatori della Provincia di Potenza iscritti all’ARA, l’associazione di categoria. I campioni vanno fuori regione, all’Istituto Zooprofilattico di Perugia ( IZSUM di Umbria e Marche ), ma qui l’amara verità: i campioni di carne lucana vengono analizzati per i soli parametri microbiologici ( parassitosi) o per ricercare carenze nutritive o le aflatossine nei mangimi – “NON SONO MAI STATE ESEGUITE RICERCHE (DAL 2008 – NDR) PER CONTAMINANTI DI ORIGINE AMBIENTALE”.

L’ARA di Potenza, senza conoscere il nostro scambio epistolare con l’IZSUM, si è invece sbilanciata in pareri avventati dicendo che all’associazione non risultano patologie derivanti da agenti chimico-inorganici e subito ci chiede le generalità degli allevatori/allevamenti a cui ci riferiamo. Praticamente l’IZSUM dà una risposta chiara e sincera, l’ARA che non è un organo scientifico come l’IZSUM si sbilancia in considerazioni estemporanee e contraddittorie, infatti come può l’ARA escludere problemi di inquinamento ambientale se l’IZSUM  dice di non averli mai ricercati?

Il Presidente dell’ARA, Palmiro Ferramosca, sa che alcuni iscritti all’ARA allevano in Basilicata a ridosso di impianti petroliferi e accusano da anni morie di bestiame sospette per tempi e modalità, nonché mancata informazione circa gli esiti di laboratorio sulle proprie carni?

Giriamo il tutto alle autorità competenti, nonché all’ARA stessa rivolgeremo il medesimo comunicato spiegando loro di cercare i nominativi da loro richiesti tra i propri iscritti operanti tra Val d’Agri e Valle del Sauro, anzi chiederemo all’ARA un’operazione trasparenza su scala regionale volta a tracciare realmente non solo l’origine ma anche la salubrità dei prodotti.

Di Giorgio Santoriello

Laureato in Lettere, attivista amante della Basilicata ma poco dei lucani.