Arpab, Fondazione Mattei ( FEEM – ENI ) ed Unibas nel 2013 avviano una collaborazione per un progetto, intitolato: “Approccio multidisciplinare dei sedimenti di un bacino artificiale, il caso dell’invaso di Pietra del Pertusillo (Val d’Agri)”. Co leads: Prof. Giacomo Prosser and Dott. Michele Paternoster. Senza troppi clamori, una parte dello studio sui sedimenti delle carote del fondale del Pertusillo prelevate nel 2014 è stata pubblicata ( sotto allegata in sintesi – ndr ), relativamente però alla ricerca dei soli metalli (alcuni), mentre mancano i dati sugli idrocarburi, che pure sono stati ricercati.

L’autrice dello studio è la ricercatrice Elisabetta Fortunato, dottore di ricerca UNIBAS ( accompagnata nelle sue ricerche sul Pertusillo dai medesimi professori, Giacomo Prosser e Michele Paternoster, ai quali tanto piace il Kazakistan e la collaborazione con i petrolieri – ndr ), ed in aggiunta la Fortunato sarebbe anche “senior consultant” della Fondazione ENI Enrico Matteri – FEEM, nonostante la giovane età. Ha partecipato anche all’expo in Kazakistan come relatrice.
Il progetto suddetto consiste in uno studio multidisciplinare volto allo studio dei sedimenti dell’invaso del Pertusillo: tutor Unibas della Dott.sa Fortunato sono due nomi vicini ad ENI-Shell e non solo, ossia Michele Partenoster e Giacomo Prosser ( sotto allegata documentazione in merito – ndr ), e fin qui già le premesse per la “parzialità” sono nello standard lucano. Ma cosa dice lo studio? Praticamente la ricerca è stata suddivisa in due tronconi: uno, affidato ad Unibas, che consisteva nella ricerca dei metalli, mentre l’altro inerente la ricerca di idrocarburi. Quest’ultimo è stato affidato da ENI-FEEM all’Arpab di Metaponto, ossia ai laboratori del Centro Ricerche Metaponto della ex-Agrobios, diretta dal sempre “politically friendly” Achille Palma. Stranamente pur essendoci nell’Unibas professori di chimica, esperti di idrocarburi, che tengono corsi specifici sull’argomento, la ricerca è stata spacchettata verso Arpab.

Innanzitutto lo studio della Fortunato rileva le potenziali fonti inquinanti per l’invaso, ossia i vari scarichi, civili ed industriali, ignorando però le sorgenti eventualmente non censite o non riconosciute, come le falde, le sorgenti, gli scarichi illeciti/abusivi o i rilasci incontrollati di rifiuti ). Le analisi chimiche sulle numerose carote prelevate sono state commissionate da Unibas ad un laboratorio canadese e a prelevare le carote invece è stata un’azienda austriaca specializzata nel settore.
Tra i 10 ed i 500 ppm la Fortunato ritrova una serie metalli pesanti già censiti da altri studi/analisi, i cui tenori vengono giudicati dalla Fortunato “escludenti apporti antropici” (la Fortunato però non spiega l’origine di bario, vanadio e mercurio e neanche l’esclusione dalla ricerca di altri parametri e neanche le ragioni che portano ad escludere certamente l’origine antropica ). Inoltre i punti di prelievo non sono collocati neanche molto a ridosso del margine orientale petrolizzato dell’invaso, a parte due campioni, ma seguono l’asse mediano longitudinale del Pertusillo: si ripete cioè l’andazzo di Arpab, che da sempre è stato quello di non dare la dovuta attenzione al margine petrolizzato, quello più soggetto agli impatti ambientali del petrolio.

Parrebbe inoltre, che siano stati anche prelevati 30 campioni d’acqua il cui esito è ignoto. Nelle foto allegate è semplice vedere nelle carote orizzonti, ma di queste colorazioni non esistono ancora spiegazioni pubbliche e relative analisi.
In soldoni non ci sono tracce riconducibili a fenomeni di inquinamento antropico secondo lo studio degli accademici Unibas e al contempo collaboratori o consulenti o dipendenti di ENI. I risultati delle analisi sugli idrocarburi non vengono resi noti e lo studio non spiega l’origine naturale o antropica di: piombo, bario, vanadio, mercurio e zinco per esempio. Come si fa ad escludere l’origine antropica se non sono stati effettuati nè il bianco ambientale, nè una ubicazione della campionatura mirata anche alle presunte aree/fonti di inquinamento, nè indagini strumentali approfondite con metodiche specifiche, e soprattutto se non ci si avvale del ragionevole dubbio che alcuni dei metalli ritrovati facciano parte del ciclo lavorativo della filiera petrolifera? Come mai con dati parziali si ha tutta questa fretta di de-colpevolizzare il petrolio con tanta certezza? Arpab ha collaborato al progetto all’interno o fuori dall’orario lavorativo e dall’attività ordinaria? Quanto ha speso la FEEM per commissionare tale lavoro e quanto hanno preso Arpab ed Unibas? Quanto è andato al personale e quanto sul resto? Possibile che dopo il caso INGV, anche da Arpab dobbiamo sentirci dire che, vista la committenza privata sulle analisi, le stesse non sono divulgabili? L’acquisto del silenzio mediante convenzioni deve finire, non può essere così semplice comprare il silenzio dei controllori pubblici nonostante i dati siano di pubblica utilità e quindi di divulgazione obbligatoria, chiara, completa e veloce. E l’Unibas perchè non pubblica gli importi delle convenzioni tra i suoi docenti e le compagnie petrolifere? Quanti soldi viaggiano tra accademici e lobby petrolifere? E quanti sono quelli utilizzati per la ricerca e quelli che finiscono invece nelle loro tasche ? Chi ha deciso i punti da campionare e come?