Iannicelli e le sue mezze verità: il “Masterplan” nato monco e con il controllo politico a cosa servirà nuova attrezzatura?
I lucani senza tecnicismi devono sapere i limiti, anzi le fregature, insite nella riforma dell’Arpab e denominata “Masterplan”. Premesso che tale, tardiva e presunta riforma arriva con 19 anni di ritardo ( durante i quali la magistratura lucana ancora non ha emesso una sola condanna ) senza che nessuno ne abbia neanche calcolato i danni sanitari derivanti, la nuova Arpab non avrà ancora nonostante tutto:
- l’attrezzatura ( infrarosso per esempio ) per monitorare le emissioni fuggitive o non convogliate;
- l’attrezzatura per misurare aerosol/biogas emessi dalle discariche- depuratori – centri di trattamento reflui;
- accesso a campionatori automatici in continuo per gli scarichi industriali;
- un centro digitale di elaborazione dati che sposando il principio della “scatola nera” custodisca i dati da ingerenze esterne, garantendone velocità ed affidabilità oltre che imparzialità;
- un sistema di allarme-preavviso per gli impianti come il COVA, ove le fiammate o gli allarmi non sono accompagnati da alcun protocollo specifico di intervento, figuriamoci di salvaguardia della popolazione locale;
- geo-radar e strumenti d’indagine non invasivi atti a ricerche specifiche;
- ricerca di un’ampia gamma di inquinanti: dai PFOA ai polimeri ( tanto cari all’industria petrolifera );
- manca l’acquisto di spettometri/scopi NMR o AAS per caratterizzare per esempio le sostanze naturali da quelle artificiali;
- fotoionizzatori portatili per analisi istantanee dei suoli;
- sistemi specifici per i monitoraggi della filiera petrolifera;
- autonomia operativa nello studiare il sottosuolo;
- manca un piano specifico di monitoraggio di sorgenti ed invasi;
- maggiore quantità ed efficienza dei deposimetri e delle centraline di controllo dell’aria con dati in real-time;
- maggior autonomia operativa nei monitoraggi sulla catena alimentare;
- non chiari sono i ruoli di prevenzione sanitaria: o si rafforzano le aziende sanitarie o l’Arpab deve occuparsi seriamente anche della sorveglianza sanitaria;
- maggiori poteri sanzionatori verso gli inquinatori;
- un sito web decente con tutti i dati;
- DEPOLITICIZZARE L’ARPAB a partire dalle nomine dirigenziali fino alla gestione del bilancio aziendale;
- vera trasparenza sui conflitti d’interesse e le incompatibilità, la situazione patrimoniale e gli indici di assenza dei dipendenti a partire dai direttori-dirigenti;
- un freno alla selva di accordi, protocolli e progetti avviati: si rischia di dare in mano a precari ed accordi blandi le sorti di giudizi e valutazioni strategiche con il risultato di non arrivare alla verità rimandando alle calende greche l’accertamento dei fatti – finisca la bufala del “cimitero dei protocolli” ove tante idee partono ma nessuna arriva alla verità;
- manca un vero tavolo di raccordo con le associazioni ed un sistema di Audit agenziale serio e puntuale ove i cittadini potrebbero esserne parte;
e tanto altro non elenchiamo. Pericoloso ricorrere ad enti terzi per l’individuazione di personale agenziale ( la politica non rimarrà inerme nel condizionarne le assunzioni legandosi a vita nuovi fedeli “tecnici” ); ridicolo ricorrere ancora nel dicembre 2016 ( dgr n.1476 ) a protocolli a tre, con MISE ed INGV per stabilire con due decenni di ritardo le linee guida per il monitoraggio della sismicità nonostante i vecchi studi siano ancora ad oggi segretati; demenziale la delibera di Iannicelli del 13 gennaio, nella quale scrive ad un anno quasi dagli arresti di Trivellopoli, che permane una grave carenza di personale nell’Arpab. Tutte queste proposte da tempo le abbiamo inviate agli enti interessati. Confidiamo alla fine ancora nella magistratura che tuttavia segue poche, tortuose e lente strade, che speriamo si rilevino almeno utili.