Era il 2012 e per la prima volta, grazie agli enormi sforzi economici e scientifici portati avanti dalla NASA, il mondo ebbe l’opportunità di poter vedere questa suggestiva immagine del nostro bel Paese visto dallo spazio di notte. L’altra categoria, i sapienti militari, già lo conoscevano, quantomeno per identificare gli obiettivi oggetto di attenzioni delle bombe intelligenti.

I titolo di allora riportavano: la Nasa ha diffuso nuove immagini notturne del globo, offrendo una chiara rappresentazione di come l’uomo si sia distribuito sulla Terra – Lo studio delle luci notturne consente di investigare sulle modalità con le quali si stanno espandendo le città – Le immagini sono il frutto di una nuova tecnologia sviluppata dalla Nasa. Si chiama visible infrared imaging radiometer suite (Viirs) ed è “il primo sistema satellitare in grado di rilevare la rifrazione della luce“, che ritroveremo più avanti, miracolosamente scoperto da foraggiati ricercatori italiani. Che la luce fosse una grande fonte di inquinamento era una informazione poco gettonata anche dai media. Per fortuna lo studioLight pollution is a driver of insect decline”, pubblicato su Biological Conservation da un team di ricercatori statunitensi, canadesi, australiani e neozelandesi , che ha esaminato 229 ricerche scientifiche, ci ha permesso di far emergere questa tematica. Effettivamente la luce artificiale notturna ha un impatto negativo su migliaia di specie come coleotteri, falene, vespe e altri insetti che si sono evoluti per utilizzare i livelli di luce come segnali di corteggiamento, ricerca di cibo e orientamento.

Uno degli autori dello studio, il biologo Brett Seymoure della Colorado State University ci rammenta che «La maggior parte delle nostre colture – e le colture che alimentano gli animali che mangiamo – devono essere impollinate e la maggior parte degli impollinatori sono insetti. Quindi, poiché gli insetti continuano a diminuire, questa dovrebbe essere un’enorme segnale di allarme. Come società di oltre 7 miliardi di persone, siamo nei guai per il nostro approvvigionamento alimentare». Alcuni ricercatori hanno anche coniato un termine per definire questo vero e proprio ecocidio: insect apocalypse. Inoltre, sempre Seymoure spiega che «La luce artificiale notturna è l’illuminazione causata dall’uomo, che spazia dai lampioni ai gas flaring dell’estrazione petrolifera. Può danneggiare gli insetti in quasi ogni periodo immaginabile della loro vita».

In seno alla COP21 – accordo globale sul clima, è stata lanciata un’iniziativa per mettere fine entro il 2030 al cosiddetto “gas flaring” (combustione di gas) in tutti i siti di estrazione del greggio di tutto il mondo. L’iniziativa è stata firmata da 45 governi, aziende petrolifere (fra queste l’italiana Eni) e altre organizzazioni e rappresenta un potenziale risparmio di 100 milioni di tonnellate annue di emissioni di CO2. L’iniziativa era stata lanciata ad aprile dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon e dal presidente della Banca Mondiale, Jim Yong Kim.

Oggi, tutti insieme, i 45 firmatari dell’iniziativa rappresentano oltre il 40% del gas flaring globale. “L’industria petrolifera e del gas ha la responsabilità di azzerare il gas flaring”, ha detto Anita Marangoly George, responsabile per le energie della World Bank. “Mettere fine alla routine del gas flaring non solo evita l’immissione nell’atmosfera di milioni di tonnellate di CO2 ma contribuisce anche a migliorare le vita delle persone che vivono nei pressi dei siti di estrazione. Se fossero convertito in elettricità, i gas combusti ne produrrebbero a sufficienza per tutto il continente africano. Allora, cosa stiamo aspettando?”.

Intanto si potranno estrarre combustibili fossili a piacimento per molti anni ancora. Il Protocollo di Parigi non fissa alcun termine per lo sfruttamento di carbone, gas e petrolio e neanche impone nuove tecnologie per evitare il flaring, men che meno sanzionare chi il flaring ancora lo fa. Quando si parla delle emissioni cosiddette “fuggitive” che derivano dalle perdite di metano dalle infrastrutture industriali come gasdotti, terminali, centri di stoccaggio, apparecchiature, oltre che delle emissioni associate al gas flaring (bruciare il gas estratto in eccesso insieme al petrolio) e al gas venting (rilascio controllato ed incombusto di metano o altri gas nell’aria durante l’estrazione), parliamo in realtà di distruzione gratuita dell’ambiente per tutelare il profitto.

Una delle rare voci fuori dal coro, giunge dalla General Electric che effettua uno studio nel 2011 sulle emissioni del gas flaring (Flare gas reduction: recent global trends and policy consideration) dove emerge che: la tecnica mette in evidenza gli sprechi economici e i danni ambientali. A questo punto una scomoda domanda ci sfugge di mano: qual’è stato e qual’è il ruolo delle Istituzione e degli Enti di Ricerca italiani in merito allo studio e monitoraggio del gas flaring?

Nel nostro “volo radente” partiamo con l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) che, come visto in un recentissimo articolo, “Augusta: la rada è una discarica dove gli inquinatori deridono lo Stato ed i finti controlli non trovano colpevoli”, ha le mani in pasta in molti progetti nazionali ed europei. Effettivamente l’Ente di ricerca, pochissimi giorni prima (23 novembre 2015) dell’allarme lanciato dal salotto della CoP21, avvenuto il 12 dicembre 2015, anticipa l’esatto contrario attraverso un imponente comunicato stampa dal titolo: IN CALO QUASI TUTTE LE EMISSIONI DI GAS CLIMALTERANTI CO2: IN 23 ANNI, 84 MILIONI DI TONNELLATE IN MENO.

Non da meno l’ENI che divulga un video nel 2016 dal titolo: “Telerilevamento satellitare per lo studio del gas flaring, intervistando dei ricercatori del CNR-IMAA“. L’Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale (IMAA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha elaborato uno studio del fenomeno del gas flaring mediante l’utilizzo di tecniche satellitari avanzate, applicandolo al Centro Olio Val d’Agri. I dati acquisiti mediante il telerilevamento da satellite, hanno confermato il trend decrescente del flaring del COVA negli ultimi anni.

Questo è in sintesi quello che afferma la ricercatrice IMAA, la Dott.ssa FARUOLO Mariapia. Nello specifico, sempre la collega, dichiara che: dal 2010 al 2014 c’è stato un decremento flaring del 35/40%…inoltre, in sintesi: calcolare i volumi su base annua dei gas bruciati in emergenza in torcia nel Centro Oli Val D’Agri…tutto ciò per avere un dato indipendente da altre misure. Mentre il Dott. PERGOLA Nicola, dichiara che: stanno sviluppando modelli per caratterizzare ancora meglio le emissioni del Centro Olii.

Di contro, i dati che circolano all’interno del CoP21 dicono che nel 2015 le emissioni prodotte dal gas flaring sono aumentate per il terzo anno di fila. Sono 147 miliardi i metri cubi di gas naturale “in eccesso” bruciati dagli impianti di estrazione di petrolio in tutto il mondo, in lieve ma continuo rialzo rispetto ai 145 del 2014 e ai 141 del 2013. I dati arrivano alla Banca Mondiale, che sottolinea l’enorme spreco di energia: il gas combusto basterebbe per soddisfare il fabbisogno annuale dell’intera Africa.

Un’altra domanda scomoda emerge: quali sono le Università italiane dedite a studi di monitoraggio del Gas Flaring attraverso le tecniche di telerilevamento satellitare? Facciamo una breve carrellata:

1 – Università di Padova – “Gli effetti del gas flaring sulla foresta amazzonica. Spedizione di ricercatori dell’università di Padova per studiare il fenomeno”. Questo è il titolo di un giornale online di Padova

“Esplorazione Amazzonia”, precisamente in Ecuador, si inserisce all’interno di una linea di ricerca interdisciplinare guidata dal prof. Massimo De Marchi del Dipartimento di Ingegneria (ICEA) “cambiamenti climatici, territori, diversità” e vede oggi protagonisti studenti e ricercatori a mappare e monitorare le attività di “gas flaring” in questa regione remota, considerata una tra le più biodiverse del pianeta.

Inoltre, sul sito del Master in GIScience della stessa Università, apprendiamo con immensa gioia che: Il gruppo di ricerca “Territori delle diversità ecologiche e culturali” (prof. Massimo De Marchi, Dipartimento ICEA, Università di Padova) da oltre quindici anni sta portando avanti una ricerca geografica, da remoto e sul campo, per studiare gli impatti socio-ambientali e le alternative di sviluppo locale alla produzione di energia fossile in Amazzonia. Dall’incontro fra le competenze del gruppo di ricerca e la passione di tre studenti laureandi in Scienze Naturali (Francesco Facchinelli, Edoardo Crescini e Giuseppe Della Fera) è nato un processo che ha portato alla realizzazione di tre tesi di laurea e di un progetto innovativo finanziato nel 2017 dall’Università di Padova (Amazon Eyes).

Nel 2018 nell’ambito dei fondi BIRD il Dipartimento ICEA ha finanziato l’Assegno di ricerca Gas Flaring from above and from below. Linking satellite eyes and community geographic information systems in fossil fuel transition and climate justice. La ricerca è condotta dal dr. Salvatore Pappalardo.

Infine, questo percorso è culminato nel progetto selezionato dal National Geographic “A.M.A.Z.O.N.Y.A. – Monitoring gas flaring impacts in the Yasuní Biosfere Reserve con cui il gruppo di ricerca padovano vedrà i tre studenti, ora laureati, partire per l’Amazzonia ecuadoriana, a mappare vecchi e nuovi siti industriali di gas flaring. L’esplorazione mira alla mappatura dei siti di gas flaring nell’area di influenza della Riserva della Biosfera Yasuní utilizzando un approccio integrato “dall’alto” e “dal basso“: uso di immagini satellitari aggiornate della NOAA e analisi con i Sistemi Informativi Geografici; mappatura sul campo e misure ambientali degli impatti del gas flaring.

Quesito: perché mai studiamo ed impegniamo risorse umane nel monitoraggio del gas flaring all’estero e non nel nostro bella Italia?

2 – Università della Basilicata, Master in “Petroleum Geoscience. L’Università della Basilicata, in collaborazione con Total E&P Italia e Shell, ha attivato un Master annuale di secondo livello in “Petroleum geoscience” per preparare esperti nell’analisi geologica delle aree da cui si estrarrà il petrolio, con lezioni frontali esclusivamente in lingua inglese, l’utilizzo di software innovativi, seminari e campagne di studio nell’Appennino lucano e nei giacimenti locali.

“Il Master – hanno detto i responsabili scientifici della didattica, il prof. Giacomo Prosser e il dott. Fabrizio Agosta, del dipartimento di Scienze dell’Università della Basilicata – ha molti punti d’innovazione: i corsi saranno svolti esclusivamente in lingua inglese, verrà dato ampio spazio alle esercitazioni pratiche attraverso l’utilizzo di software innovativi, la didattica sarà svolta sia da accademici con documentata attività scientifica nel settore che da esperti tecnici delle compagnie partner.

Nel 2015 sul sito del IMAA-CNR leggiamo che:

L’IMAA-CNR – in collaborazione con la Scuola di Ingegneria dell’UNIBAS – organizza per il 9 dicembre a partire dalle ore 15:30 presso l’Osservatorio Ambientale della Val d’Agri (Marsico Nuovo) un convegno scientifico sullo studio del fenomeno del gas flaring mediante l’utilizzo di tecniche satellitari avanzate: “Telerilevamento satellitare per lo studio del gas flaring: stato dell’arte e prospettive future”. Durante il convegno – organizzato nell’ambito della Convenzione tra IMAA-CNR e la Regione Basilicata (“Collaborazione e cooperazione tra Regione Basilicata e IMAA-CNR per lo sviluppo di attività di rafforzamento di networking di ricerca internazionali sulle specifiche tematiche di interesse per la Val d’Agri”) – esperti italiani e internazionali illustreranno le attuali metodologie di studio e analisi del gas flaring basate sul processamento di immagini satellitari, nonché le prospettive future in vista delle nuove missioni satellitari, con un focus sui risultati delle attività di ricerca condotte in Val d’Agri.

Mentre la Regione Basilicata, anch’essa pubblicizza l’evento. Interessanti lavori scientifici inerenti il monitoraggio del gas flaring nella Val d’Agri, utilizzando le immagini satellitari e la tecnica Visible infrared imaging radiometer suite (Viirs) – impiegata dalla NASA, sono stati divulgati in più occasioni, nello specifico nel 2014 ed il 2020; fermo restando gli sviluppi futuri proposti dall’IMAA-CNR.

Per quanto attiene al ciclo di convegni scientifici organizzati dall’Università degli Studi della Basilicata – Scuola di Ingegneria, è corretto mettere in evidenza quello di Marsico Nuovo (PZ) del 9 Dicembre 2015, dove si parlò del “Telerilevamento satellitare per lo studio del gas flaring: stato dell’arte e prospettive future”. In questo contesto si inserì l’attività di ricerca messa in campo presso l’Osservatorio Ambientale della Val d’Agri (OAVDA) nel biennio 2012-2014, attività del tutto innovativa anche per l’area in esame, per la quale non esistevano affatto studi pregressi che sfruttano i soli dati satellitari per ottenere informazioni indipendenti sulle emissioni del Centro Olio Val d’Agri (COVA) conseguenti al fenomeno del gas flaring.

Cova Contro stanca di depistaggi, disinformazione istituzionale e conflitti di interessi tra università e multinazionali petrolifere ha lanciato il progetto Sciamano e tra i vari casi studio ha intrapreso il monitoraggio spaziale del gas flaring, sta iniziando a collaborare con John Amos, fondatore di SkyTruth.

SkyTruth fondata nel 2000, colma una lacuna critica nella conservazione ambientale ovvero utilizzare le immagini satellitari per aiutare a salvare il pianeta. John Amos, in qualità di esperto di telerilevamento, che allora lavorava nel settore dell’estrazione di risorse, ha visto in prima persona come l’industria utilizzava le immagini per sfruttare – e talvolta distruggere – paesaggi identificando siti minerari o di perforazione promettenti dallo spazio. All’epoca, pochi gruppi di conservazione, cittadini interessati, giornalisti o responsabili politici avevano le competenze o le risorse per accedere e analizzare le informazioni disponibili dallo spazio. Avviando SkyTruth, John ha livellato il campo di gioco e ha fornito informazioni che in precedenza erano disponibili solo per l’industria. L’aprile 2010 è stato un momento cruciale nella storia di SkyTruth e nella storia del Golfo del Messico. Un impianto di perforazione offshore chiamato Deepwater Horizon è esploso nel Golfo, uccidendo 11 uomini e mettendo in moto la più grande fuoriuscita accidentale di petrolio della storia. SkyTruth è stata la prima a contestare pubblicamente i rapporti imprecisi di BP sul destino della fuoriuscita di petrolio nel Golfo. Con i nostri partner della Florida State University, abbiamo utilizzato immagini satellitari per stimare la quantità effettiva di petrolio che sgorga dal pozzo danneggiato. Basandoci solo sul petrolio apparso in superficie, abbiamo calcolato che la portata del pozzo era venticinque volte superiore a quanto riportato da BP. La sfida delle stime di BP ha portato una significativa attenzione dei media sulla nostra missione e ha dimostrato il ruolo che il telerilevamento deve svolgere nella comprensione delle questioni ambientali. Il nostro obiettivo a lungo termine, sottolinea John Amos, non è solo riferire sui disastri, ma ispirare un movimento globale in cui tutti possano accedere facilmente alle risorse che utilizziamo ed essere motivati a proteggere il pianeta da catastrofi future.

Cova Contro sta investendo moltissimo nel remote sensing applicato alla citizen sceince e nella digital foresincs, gestire dati gratuiti in grande quantità e di grande qualità, incrociando la verità a terra con i satelliti ed i droni. Le immagini che seguono sono parte integrante di uno studio sperimentale di Cova Contro attualmente ancora in corso, quindi dati parziali. In questo studio, i parametri caratterizzanti l’identificazione del gas flaring che fuoriesce dalle torce di Tempa Rossa, Viggiano-COVA, Serra Pizzuta a Pisticci e Contrada Pozzitello sempre a Pisticci vengono stimati attraverso l’analisi delle immagini Sentinel-2 MSI (Progetto Copernicus) – e sono anche oggetto di comparazione con le verità a terra (dati in situ). Tale comparazione comporta l’analisi dei video realizzati attraverso l’impiego di una telecamera montata in time lapse dal giorno 7 al 14 aprile e dal 23 al 30 giugno 2021.

In queste primissime fasi, la bontà delle informazioni ottenute dal processo di identificazione, sono anche comparate con il database di SkyTruth. La mappa Annual Flaring Volume Estimates di SkyTruth fornisce stime di quanto gas naturale è stato espulso dalle attività di trivellazione praticamente in qualsiasi area geografica. Consente agli utenti di confrontare e scaricare facilmente i totali del volume flare dal 2012 al 2018 per osservare le tendenze. Residenti, ricercatori, giornalisti e altri interessati alle emissioni di gas nella loro città o area di studio possono facilmente determinare le fonti del problema utilizzando gli ultimi dati disponibili e la quantità di gas bruciata. La Global Flaring Map di SkyTruth mostra una mappa termica delle rilevazioni satellitari notturne a infrarossi del gas naturale in fiamme in tutto il pianeta, come visto dallo strumento VIIRS. I dati utilizzati sono un prodotto dello strumento Visible Infrared Imaging Radiometer Suite (VIIRS) a bordo del satellite Suomi NPP di NOAA, che produce l’elenco più completo di torce di gas in tutto il mondo. I dati VIIRS sono gestiti dall’Earth Observation Group del Payne Institute for Public Policy della Colorado School of Mines. Una particolare linea di ricerca parallela viene effettuata anche per le attività che afferiscono alla scoperta e l’identificazione del gas venting.

L’Istituto della Enciclopedia italiana, Treccani-ENI, Enciclopedia degli Idrocarburi, volume 3, definisce la tecnica del gas venting come la migliore opzione industriale di smaltimento del gas associato al petrolio, soprattutto se tale gas è ricco di inerti come il biossido di carbonio e l’azoto. Una tecnica climalterante e che gli esercenti devono comunicare per tempo agli enti locali.

Le immagini che seguono rappresentano i primissimi risultati della elaborazione dei dati ottici, prodotti dal satellite Sentinel-2, relative all’utilizzo degli algoritmi che si stanno sperimentando e validando in seno al presente studio. Dal punto di vista fisico, il gas flaring può essere ricercato come se avessimo due differenti oggetti: come sorgente nel visibile, quindi cerchiamo la fiamma nel termico o una fonte che emetta calore. Tutto ciò, in sintesi, comporterà maggiormente l’analisi di alcuni specifiche bande spettrali nell’ottico: 3, 4 e 8, con pixel a risoluzione spettrale di 10mt e 8A, 11 e 12, con pixel a risoluzione spettrale di 20 e 60mt.

Monitoraggio di gas flaring Centro Oli Tempa Rossa

In considerazione dell’alto numero di “anomalie” rilevate in torcia e per semplicità di trattazione dei risultati, gli stessi vengono presentati attraverso due distinti file tematici animati (file .gif). Nella prima immagine è presente l’impianto, nel secondo file animato, si vedono i risultati prodotti da due degli algoritmi esplorati nell’arco temporale che va dal dicembre 2019, data ufficiale della messa in esercizio degli impianti, al febbraio 2020.

Centro Olii Tempa Rossa
Sequenza animata della elaborazione dei dati del satellite Sentinel-2 – monitoraggio del gas flaring bruciato in torcia

Le immagini che scorrono permettono immediatamente di poter apprezzare che:

  • le modalità di elaborazione dei dati Sentinel-2 evidenziano le peculiarità ed incentivano ad investigare con entrambi gli algoritmi in relazione alle diverse condizioni meteorologiche;
  • la morfologia della fiamma permette di differenziare le differenti situazioni, definite di normalità o attività in sicurezza dell’impianto. Attraverso tale lettura è possibile monitorare quando siano avvenuti tali episodi e se sono state attivate le modalità di comunicazione di rito alle Autorità preposte.

Per alcuni casi specifici, come di seguito mostrato nelle immagini relative al giorno 4 febbraio 2020, la nuvolosità del cielo sopra l’impianto ha una misura di 8 okta (cielo completamente coperto – immagine di sinistra), non ostacola totalmente le attività di monitoraggio circa le probabili attività di avvenuta infrazione allorquando sia impiegato un corretto algoritmo di elaborazione dell’immagine – visibile a destra.

Inoltre, sempre della stessa data, è presente anche il dato acquisito dal database di SkyTruth. La palla di fuoco che vediamo nella immagine che segue (sinistra) rappresenta la quantità di gas bruciata dalla torcia posta a Tempa Rossa il giorno 4 febbraio del 2020 nell’orario MLST. Si consideri che esso può risentire delle alterazioni dovute alla rifrazione astronomica (legge di Snell). L’immagine di destra restituisce le reali condizioni meteo dell’area indagata, sempre nella stessa data.

Immagine del dato presente nel database di SkyTruth (sinistra) – immagine delle condizioni meteo sull’area (destra)

SkyTruth produce due mappe flaring: Natural Gas Flaring Map and Annual Flaring Volume Map; entrambe sono basate su dati Nightfire catturati dallo strumento a bordo del satellite VIIRS Suomi NPP del NOAA. Questi dati sono resi disponibili gratuitamente dal gruppo di osservazione della Terra, Payne Institute for Public Polity, Colorado School of Mines. Nel file animato che segue, si vedono i risultati prodotti da due degli algoritmi esplorati nell’arco temporale che va dal gennaio a luglio 2021.

Sequenza animata della elaborazione dei dati del satellite Sentinel-2 – monitoraggio del gas flaring bruciato in torcia

Quesito: la fiamma che brucia gas in torcia è una fiamma di forma stabile o no? Inoltre, quando non brucia il gas cosa fuoriesce sempre da essa? Gas venting?

Le immagini che seguono, catturate da un video realizzato nella stessa giornata e visibile sul sito dell’Associazione Cova Contro, lanciano un ragionevole dubbio.

Monitoraggio di gas flaring del Centro Olio Val d’Agri di Viggiano.

Ripercorrendo la stessa modalità di presentazione, sempre in considerazione dell’alto numero di “anomalie” rilevate in torcia, l’elaborazione dei dati sono presentati attraverso due distinti file tematici animati (file .gif). Si rammenta che il Centro Oli risulta essere in esercizio dal 2001 nella zona industriale di Viggiano, occupa una superficie di circa 180.000 m2 ed è il risultato dell’ampliamento del Centro Olio Monte Alpi. Viene immesso gas metano desolforato, disidratato e condizionato nella rete di distribuzione nazionale Snam Rete gas attraverso una stazione di pompaggio. Nel primo file che segue, si vedono i risultati di uno degli algoritmi esplorati nell’arco temporale che va dal novembre 2016 al dicembre 2017.

Sequenza animata della elaborazione dei dati del satellite Sentinel-2 – monitoraggio del gas flaring bruciato in torcia

Nel file che segue, si possono apprezzare i risultati prodotti da uno degli algoritmi esplorati nella presente sperimentazione che ha esaminato i dati registrati nell’arco temporale che va da gennaio a ottobre del 2021.

Sequenza animata della elaborazione dei dati del satellite Sentinel-2 – monitoraggio del gas flaring bruciato in torcia

I dati relativi agli anni 2019 e 2020 sono stati acquisiti ed egualmente elaborati e a disposizione per eventuali interessi delle Autorità preposte al controllo degli eventi allorquando definibili come “non segnalati”.

Monitoraggio di gas flaring del Centro Oli di Serra Pizzuta, Pisticci.

Seguendo la ricorrente metodologia di indagine, il monitoraggio per il Centro oli di Serra Pizzuta ha coperto un arco temporale che va dal novembre 2016 a luglio 2021. Nella ricerca delle attività che portano alla individuazione del gas flaring ci siamo imbattuti in una inconsueta pratica, non presente neanche nelle informazioni che dovrebbero essere visibili nel sito dell’ARPAB. Un pozzo di notevoli dimensioni – circa 9.800 mq, presente in una immagine del settembre 2003 scompare dagli schermi radar nell’agosto 2006, come si evince nella immagine che segue.

Fonte: ortofoto Google Earth

Quesito: quali saranno le motivazioni di una sparizione di questo tipologia e che potrebbe essere relative a un Centro oli più che un pozzo di estrazione?

In questo studio sono state individuate molte anomalie termiche. Una di esse è degna di essere sottolineata; risulta essere quella presente nella immagine che segue. Ci troviamo esattamente ad una distanza di 250m dal Centro Oli di Serra Pizzuta e a 150m da un pozzo di reiniezione. Esattamente nel riquadro 2 l’immagine SAR di Sentinel-1 del 12 settembre 2018 evidenzia la presenza di una anomalia termica, probabilmente riconducibile ad una fiammata; tutto ciò nelle strette vicinanze di un pozzo di reiniezione – indicato anche nei riquadri 1, 2 e 3. Questo stesso pozzo di reiniezione lo troviamo presente in un altro articolo di Cova Contro del 2018 ed anche legato ad una frana, visibile nel riquadro 4, presentata in un interessantissimo ed più che attuale articolo di Andrea Spartaco del 2015.

Quadrante 2 – Anomalia termica evidenziata in rosso

Quesito: dove sono reperibili i tracciati delle tubazioni che permettono di trasportare il materiale estratto?

Monitoraggio di gas flaring della centale gas di Contrada Pozzitello, Pisticci.

Il monitoraggio per la centrale gas di Contrada Pozzitello ha coperto anch’esso un arco temporale che va dal novembre 2016 a luglio 2021. Nel seguito si presentano delle immagini spot che rappresentano solo alcuni momenti dei periodi su indicati.

Sequenza temporale di morfologia della fiamma in torcia

Nel mese di agosto 2021 si è registra una particolare situazione di frenetica attività. O ci sono stati degli allarmi continui o c’è stata una alta produttività che ha portato ad un intenso gas flaring. L’immagine che segue ne dimostra tale particolarità.

Sequenza temporale di morfologia della fiamma in torcia

Quanto sopra mostrato in parte può essere confortato dai dati che ci vengono forniti dal Satellite Sentinel-5P – che segue. Le date in cui si registrano valori medio alti di concentrazioni di metano misurate nella colonna d’aria sono pressoché coincidenti con le date di maggiore intensità di gas flaring. Quindi è lecito pensare che in un momento di super produzione sono aumentati anche i quantitativi di gas venting rilasciati in atmosfera oltre quelli bruciati?

Sequenza temporale della rilevazione di gas metano nella colonna d’aria

Considerazioni

Definire quale sia la morfologia di una fiamma pilota, la composizione e la quantità delle emissioni di inquinanti che sono immesse in atmosfera, attualmente ed in base alle nostre conoscenze, non è una cosa pensabile.

Assunto che lo studio della morfologia della fiamma pilota si correla con il rilevamento delle emissioni di inquinanti, permette di pensare che la strada intrapresa da Cova Contro – di effettuare registrazioni video delle torce nel lungo periodo, trova una corretta strategia per definire quale sia la morfologia della fiamma tanto da poter essere definita come pilota. In questo studio sperimentale alcune considerazioni legate al conteggio del “normale” o “non normale/prodotto di un allarme”, ossia dal numero dei pixel registrati dal satellite Sentinel-2, possiamo ipotizzarle.

L’aver sperimentato ed avere ancora l’intenzione di sperimentare algoritmi che permettano di monitorare la presenza o la non presenza di gas flaring in torcia, fermo restando le condizioni meteo, ha portato dei modesti ma significativi risultati. Le immagini che seguono (torce del Centro Oli di Viggiano) e quelle presentate nel monitoraggio della centrale gas di Contrada Pozzitello-Pisticci, permettono, definito ciò che potremmo autonomamente definire fiamma pilota (1 e 2), quantomeno di contare quelli che vengono definiti allarmi e chiederne conto alla società energetiche.

Sequenza temporale della morfologia delle fiamme delle torce del Centro Oli di Viggiano

Nel 2015 Aldo Berlinguer allora assessore reginale all’ambiente diceva ad ENI:

L’Eni deve adottare rapidamente ogni correttivo possibile per ridurre al minimo le fiammate al Centro Olio di Viggiano”…“Sugli aspetti strettamente tecnici relativi all’impatto ambientale e alla salute delle persone – aggiunge l’Assessore– Arpab ha fornito dati rassicuranti. Ma ciò non basta. Si tratta qui di assicurare una convivenza, già di per sé difficile, fra le popolazioni del territorio e l’impianto”. questa fu la richiesta dell’Assessore Berlinguer.

Fino all’anno 2000, le strutture quali: raffinerie, depositi, centri oli e pozzi di estrazione erano coperti da segreto di Stato – legge 1732 del 1939. Quindi non era concesso vedere tali impianti nelle aerofotogrammetrie, realizzate a vario titolo da enti statali e società private per scopi cartografici – di fatto venivano censurate dal 3° Ufficio del 2° Reparto SIOS dell’Aeronautica Militare. Nelle stesse cartografie, autorizzate alla divulgazione dall’Istituto Geografico Militare di Firenze, tali strutture non apparivano e veniva “mimetizzate” inserendo parchi o vegetazione. E’ possibile che in una democrazia ancora nel 2021 non siano disponibili i precisi tracciati di tutti gli oleodotti che attraversano la Basilicata e che vanno da Viggiano a Taranto?

Conclusioni

I primissimi risultati di questo studio sperimentale, fermo restando che gli studi di riferimento sul rilevamento e monitoraggio del gas flaring off-shore a scala globale risalgono ai primi anni 80, dimostrano che a scala di dettaglio è possibile effettuare un monitoraggio sistematico della presenza delle varie morfologie di gas flaring in torcia.

I quesiti che sono emersi sono molti e toccano in qualche modo anche quel tessuto “tecnico-scientifico” che troppo spesso si erge solo dopo aver ricevuto un finanziamento.

Quale è sia l’esatta morfologia della cosiddetta “fiamma pilota” in condizioni definibili normali? Il flaring che impatti sanitari ha? La diluizione in aria come incide sulle misurazioni delle stazioni a terra? Perchè gli enti locali non svolgono i monitoraggi che qui offriamo?