In Puglia in questi giorni assieme alla gente protestano sul gasdotto trans adriatico persino i sindaci. Cosa accade dove parte di quel gas verrà stoccato? Viaggio in un giacimento della sonnolenta Basilicata dove tutto è concesso.

Caratteristiche favorevoli a chi? Nella riserva Cugno Le Macine sono stati perforati 68 pozzi. Oggi si sa che lo sfruttamento del giacimento Grottole-Ferrandina dal dicembre ’62 al novembre del 2010 ha abbassato la sua pressione a meno della metà dell’originaria, e ciò ha comportato in un’area studiata di 8 chilometri per due un abbassamento del suolo sino a 7,5 centimetri. Il fenomeno di subsidenza lo ha ereditato Geogastock spa, società della multinazionale russa Avelar che ha acquistato dall’Eni i pozzi per stoccare gas. Avelar di cui ho raccontato gli interessi su petrolio e gas e gli intrecci con la ‘ndrina Piromalli già dal 2007, ‘ndrina che come di recente raccontato dall’antimafia ha messo radici a Pisticci, Comune guarda caso sede d’una concessione attigua a Ferrandina e chiesta per stoccare gas, e chissà se fallita perché “là c’è la merda” di cui tutti tacciono. Oltre allo sfruttamento del giacimento l‘Ufficio minerario (Unmig, ndr) ricorda che nel ’76 Agip aveva già ottenuto per Grottole-Ferrandina una concessione di stoccaggio, e vi furono regolari cicli di iniezione dal ’77 al ’85. Nei 5 anni successivi fu succhiato parte del gas immobilizzato per garantire la pressione di giacimento. Agip dice di aver messo in prova i campi di Ferrandina e Pisticci ancora nel ’92 per verificarne l’idoneità a lavorare in stoccaggio, e scrisse che i test non avevano confermato “caratteristiche favorevoli”. Nel 2001 arrivò al Ministero delle attività produttive la richiesta della Geogas srl, ossia Geogastock, di visionare i dati dei campi Grottole-Ferrandina e Pisticci da adibire a stoccaggio. Nel 2012 venne concesso il titolo minerario a Geogastock e Grottole-Ferrandina divenne idoneo a stoccare, costituendo questa volta un punto nevralgico del TAP e dei programmi europei per portare il gas dell’ex Comunità degli Stati Indipendenti (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan, ndr) in Italia.

Che fine hanno fatto i work over? La Geogastock ha calcolato anche i volumi lordi di roccia dell’area del giacimento, 531 milioni di metri cubi di formazione rocciosa sopra un giacimento privo di caratteristiche favorevoli allo stoccaggio per Eni, per Geogastock con buone speranze stando alla simulazione del comportamento produttivo del passato, che paradossalmente si rifà all’esperienza Eni giudicata negativamente. Dei 57 pozzi dice Geogastock, 18 nell’area di Ferrandina e 39 nell’area di Grottole, numerose simulazioni utilizzando una pressione di iniezione inferiore o uguale alla pressione vergine fanno ritenere che la soluzione ottimale sia fare 3 nuovi pozzi e ripararne 12 esistenti, e l’importante è non superare la “pressione vergine di giacimento” e “limitare per quanto possibile il tempo di riempimento”. Quindi? Simulazione che indica interventi di work over ai pozzi F17-G23-G29-G36-G19-G25-G26-G28-G33-G34-G35-G37 (F per Ferrandina, G per Grottole, ndr), interventi che dovevano “escludere gli spari profondi in acqua”. Il campo di Grottole-Ferrandina, dice Geogastock, è da considerarsi una trappola stratigrafico-strutturale con “una tavola d’acqua indipendente individuata a 656 metri sotto il livello del mare”, cosa risaputa da Agip che nel ’63 produsse una cartina con pozzi e in cui la linea di contatto gas-acqua era individuata tra settecento e settecento cinquanta metri sottoterra dove si trovano i serbatoi di gas da sfruttare. Allora sanno o no a quale profondità è l’acquifero? 100 metri di differenza non sono pochi per calcolare pressioni. In questi luoghi sotterranei Geogastock simula in 12 mesi un volume complessivo di 1.140 milioni di Standard metri cubi di gas (Smc, ndr). In tutto ciò solo i pozzi Ferrandina13 e Grottole17 fungeranno da monitoraggio durante le fasi di riempimento e successivi cicli di stoccaggio, e registranno dati per valutare la distribuzione di pressione all’interno del giacimento e il movimento dei fluidi.

Qualcuno spieghi come si muove l’acqua. Geogastock sa che il punto del giacimento in cui sottoterra avviene il contatto tra gas e acqua si è innalzato da 656 metri sotto il livello del mare a circa 619. Sa che anche a Pisticci c’è un acquifero alle stesse distanze sotto terra ma qui dice che non si può fare stoccaggio perché si potrebbe generare un disastro idraulico. Sono acquiferi collegati? Insomma tra Ferandina e Salandra c’è un acquifero sotterraneo che si è innalzato di 43 metri (quanto in termini di volume d’acqua?), probabilmente collegato a quello pisticcese, e c’è una spinta maggiore dell’acquifero? Esiste la possibilità che i fluidi usati per perforare nuovi pozzi e fare work over se ne vadano in giro? Certo nel ’87 Agip descrisse la “caratteristica particolare” del giacimento Grottole-Ferrandina, e che alcuni valori spiegavano che parte del metano originariamente intrappolato s’era perso tramite diffusione a causa dello spessore minimo della roccia di copertura. Di recente il Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio, e delle Infrastrutture del Politecnico di Torino (DIATI, ndr) ha specificato che le sezioni sismiche entro il modello di confini del giacimento mostrano chiaramente la caratteristica geometria dell’Alloctono (rocce o depositi minerali che non si sono formati nel luogo dove si trovano ma vi sono stati trasportati da forze tettoniche, ndr) e le sue relazioni con i carbonati sottostanti. “Inoltre – specifica – la piattaforma carbonatica è fortemente fratturata, con alcune faglie che penetrano livelli geologici sovrapposti, Alloctono incluso”. Vista una tale situazione qual’è il movimento dei fluidi?

Fenomeni inspiegabili? Il DIATI parlò del campo Grottole-Ferrandina come “un sistema pesantemente influenzato dall’orientamento dello stress del giacimento”, precisando che nella fase iniziale lo stress originario e la distribuzione della pressione nei pori delle formazioni rocciose erano state determinate in funzione di profondità, saturazione dei fluidi, e caratteristiche delle formazioni con un regime idrostatico che si relaziona in profondità all’originario contatto gas-acqua. Insomma si tratta d’un giacimento che presenta una “catena di relazioni tra strati di suolo e movimento dei fluidi” del quale non è possibile chiarire se lo stress del giacimento sia normale o si tratti d’una “faglia di scivolamento”. A nord del giacimento era avvenuto uno stress orizzontale, ma nessuno aveva spiegato il fenomeno. Nonostante l’incertezza si autorizza a stoccare? Il sistema dell’acqua nell’area del giacimento Grottole-Ferrandina è stato spiegato oltre che a centinaia di metri sotto terra anche più superficialmente, lì dove falde sotterranee mantengono attivi fino ad agosto torrenti originati principalmente dalla pioggia. Uno dei primi pozzi che si incontra lungo la strada che collega Ferrandina a Salandra è Ferrandina13, perforato nel ’60 fino a 1.283 metri, e si trova sul versante sud-orientale di Monte Piano. Nelle vicinanze della parte sud del pozzo si origina il torrente La Vella. Nel 2003, quarantanni dopo la perforazione e successiva attivazione, le caratterizzazioni raccontano una contaminazione da idrocarburi pesanti e cromo totale rispettivamente rinvenute tra 2 e 5 metri di profondità con concentrazioni tra 66 e 81 mg/kg, e tra 1 e 4 metri con concentrazioni tra 152 e 592,7 mg/kg, è con maggiore probabilità associabili alle “fasi di attivazione e esercizio degli impianti di estrazione del gas”, e non direttamente al prodotto estratto caratterizzato da idrocarburi leggeri (quelli vanno in aria, ndr).

Infiltrazioni. “Per quanto riguarda le caratteristiche idrogeologiche del sito – scrive ENI per Ferrandina13 – dai dati di perforazione è stata riscontrata la presenza di una falda”. La posizione della falda in profondità rispetto al piano campagna varia da 7,5 a 10,5 metri, e si fa notare che l’acquifero in questione è alimentato esclusivamente per infiltrazione di acqua piovana che, scrivono, vede precipitazioni medie annue di 414,9 millimetri (mm, ndr), cosa importante per calcolare l’infiltrazione dell’inquinamento in rapporto alle piogge. Dimentica Eni che a volte per via dei super cicloni che s’attivano da tempo nel mediterraneo nel materano è successo che siano caduti fino a 300 mm di pioggia in due giorni. Vicino l’area pozzo Ferrandina 13 da quel che scrivono c’è un acquifero superficiale largo 25 metri e spesso 2,5 metri, e per questo producono un’analisi di rischio che debba tener conto l’unico percorso potenzialmente attivo di contaminazione, l’infiltrazione dell’acqua piovana all’interno del suolo inquinato che poi raggiunge la falda, dove avvengono fenomeni di “diluizione, trasporto e dispersione”. Benché si escluda la presenza di pozzi d’acqua come punto di esposizione potenziale (in realtà nella zona molti attingono dalla falda, ndr), scrivono di un pozzo d’acqua localizzato a soli 10 metri dai confini del sito. A settembre 2003, e in un periodo che vede a volte temporali violenti la contaminazione riscontrata fu di 19,8 per il piombo e 56 per il cromo totale (limiti 10 e 50, ndr). Fecero anche una analisi a giugno 2004, quando di acqua che cade giù se ne vede ben poca. E risultò tutto nella norma. Per quanto tempo quei terreni hanno diluito sostanze come piombo e cromo totale, e chissà cos’altro in falda se la caratterizzazione è avvenuta anni dopo? La Regione è in grado di rispondere? E i comuni coinvolti?

Potenziali sorgenti di contaminazione. Grottole19 perforato nel ’59 fino a 1.210 metri, si trova sempre tra Salandra e Ferrandina e rappresenta rispetto a Ferandina13 il confine opposto del campo gas. Anche in tal caso nel Piano di caratterizzazione del 2003 quando si parla di recettori sensibili all’inquinamento riscontrato da idrocarburi pesanti e mercurio, si scrive che “sussiste la possibilità d’esposizione per ingestione di acqua di falda o acqua di sorgente potenzialmente contaminate per la presenza a valle del sito Fontana Valenzano, a una distanza di circa 130 metri dal sito e di un pozzo distante circa 600 metri in direzione ovest-nord-ovest “. È possibile l’esistenza di altri pozzi scrivono, come quelli indicati (foto1) che non sarebbero utilizzati poiché gran parte della zona è servita dall’acquedotto. Speriamo nessuno innaffi orticelli. In ogni caso l’anno dopo nella Relazione tecnica scrivono ancora che nel suolo in qualche punto c’è contaminazione da mercurio e idrocarburi pesanti oltre limite. Grazie ai dati di perforazione viene “riscontrata la presenza di una falda”, anche in questo caso tra 10 e 13 metri sottoterra e i campioni di acqua prelevati risultano puliti, così nel Progetto operativo di bonifica del 2007 scrivono che in merito alla presenza della falda e al comportamento di bassa mobilità di idrocarburi pesanti e mercurio è “possibile escludere l’ipotesi di trasporto della contaminazione legato alla lisciviazione da parte delle acque meteoriche nel sottosuolo e successivamente nelle acque sotterranee“. Tra le sorgenti contaminanti deducibili dalle lavorazioni pregresse ci stanno anche solventi organici aromatici, idrocarburi policiclici aromatici, e metalli pesanti come arsenico, cadmio, cromo totale, cromo esavalente, vanadio, piombo e rame. Si scrive che qualora i contaminanti venissero in contatto con la falda potrebbero venire da questa successivamente veicolati.

Acqua che va…Tra i pozzi Grottole 19 e Ferrandina 13, poli opposti del giacimento, sembra ci sia una falda che scorre sottoterra attraversando altre aree pozzo (foto2). Come Grottole33-34-35 in cui a Eni risulta un “corpo acquifero” da cui “scaturiscono buona parte delle sorgenti”. Nel 2005 in questa area nei terreni c’erano idrocarburi pesanti, piombo, berillio, cobalto e stagno fuori legge. Per Eni, berillio cobalto e stagno sono naturali nel bosco di Ferrandina, perciò non tratta tali “passività ambientali”. L’anno dopo idrocarburi pesanti sino a 14.098mg/kg (limite 50, ndr), e piombo sino a 439,5 (limite 10, ndr). Sei anni dopo, nell’Analisi di rischio, rifacendosi alle analisi degli anni precedenti Eni scrisse che di tutti i campioni analizzati all’interno dell’area pozzo solo 5 superavano i limiti per piombo, e due per gli idrocarburi pesanti. Nel Rapporto di integrazione del 2007 nella tavola della distribuzione della contaminazione risultano nell’area esterna ancora i 14 punti ben al di sopra del limite di legge per gli idrocarburi pesanti individuati anni prima (foto3). Risultati scrivono, che possono far pensare a una probabile presenza di residui di fanghi di perforazione. Per quanti anni questi fanghi (solo tra le aree interessate di Grottole33-34-35 si parla di 2.778 tonnellate di terreni contaminati, ndr) sono stati soggetti a pioggia e neve? All’esterno dell’area pozzo c’è da sempre un laghetto dove mucche hanno bevuto e bevono. E vi sono altri pozzi nell’area centrale. A Grottole 36 in un punto siamo a 302.790mg/kg di idrocarburi pesanti, in un altro 181.663, e vi è molto altro (foto4). Contaminazioni che superano anche di seimila volte il limite, dei cui effetti di diluizione nel tempo nulla si sa. Oggi le acque che escono dalla falda in superficie in un punto vicino le aree pozzo centrali presentano una patina argentata che se separata si riaggrega immediatamente come attratta (foto5), e quelle che escono poco più a valle per alimentare il Vella rigurgitano fanghi rossi e oleosi (foto6) contaminati da ferro e manganese, e con bario e idrocarburi. Dove c’è più accumulo nel passaggio di questo liquido lecci e querce marciscono e cadono. Acque che come ho già scritto escono anche a valle sul versante Basento, e continuano a fuoriuscire a chilometri dal lato opposto del giacimento, a valle di Salandra, pesantemente inquinate da ferro manganese arsenico, cromo, e tanto altro. È un caso se c’è una falda collegata? Ma si sa, il movimento di tali sostanze è lento, gli affari viaggiano più veloci.

Affari in anticipo. A giugno del 2010, due anni prima che alla Geogastock venisse concesso il titolo minerario, il giacimento era già stato protagonista d’un accordo per un ammontare di gas proveniente proprio dallo sviluppo delle attività del campo Grottole-Ferrandina. L’accordo venne siglato tra una controllata della Avanti Energy Inc, Avanti Oil, e una società italiana di cui non si fa nome. Si sa però che Avanti Energy Inc. (ex Forrest Oil Corp venduta alla Sabine Oil poi fallita, ndr), ha base a Vancouver in Canada e opera tra Usa e Italia nel business dell’acquisizione, sviluppo, esplorazione e valutazione di titoli petroliferi e gas. Attraverso la controllata CMI Energia spa ha focalizzato il suo business nello sviluppo di poco più di due miliardi di metri cubi di gas in riserve accertate e probabili in Italia centrale. Ma gli interessi della CMI coinvolgono 35,72 chilometri quadrati del permesso di ricerca Monte Pallano vicino Chieti, e l’acquisizione di altre riserve accertate con un focus in Basilicata, attraverso la Lucana Idrocarburi srl con sede proprio a Ferrandina dove ricade il campo Grottole-Ferrandina. L‘80% della Lucana Idrocarburi, con capitale sociale deliberato di diecimila euro, e 2.500 di versato, è infatti in mano a CMI Energia srl, l’altro 20% alla Olimar srl con un capitale sociale di 500.000 euro deliberato e versato. Olimar costituita in provincia di Messina da Mario Rosario Calciano, che cessò dalla carica di amministratore unico nel 2014 affidando la società alle figlie. I soci sono infatti Barbara Vincenza Calciano e Claudia Calciano, entrambe consigliere. Figura poi nella Olimar Giuseppe Celeste nominato lo stesso giorno consigliere e presidente del consiglio di amministrazione. Olimar è anche presente con il 40% in Impes Service spa con 1.295.000 di euro di capitale sociale, in cui figura da sempre Mario Rosario, e tra 2006 e 2012 come consigliere Barbara e Claudia e come preposto alla sede secondaria di Istambul Giuseppe Celeste.

Petrolieri nostrani. Mario Rosario sin dall’inizio è presente in Impes, società che nel ’83 da IMP.E.S. Di Vito Antonio Calciano & C. snc diventava Impes Group spa (nel ’79 aveva già due sedi, Roma e Trapani, ndr), e nel ’86 nonostante l’aumento di capitale da 250 milioni di lire a ben un miliardo e 800 milioni da società per azioni diventava a responsabilità limitata, per chiudere in bellezza nel ’98, prima amministrazione controllata poi definitivo fallimento. Ma è rinata dalle ceneri e oggi i nuovi soci di Impes Service oltre Olimar in quota al 40% sono Finpar spa col 59,9% ed Ecomediterranea srl col 4,1, entrambe della famiglia Somma e ruotanti da sempre attorno agli affari finanziari e petroliferi lucani, come Impes Service che prende commesse Eni per milioni di euro e di cui Francesco Somma è Presidente del Consiglio Amministrazione e rappresentante, il fratello Michele consigliere. Oltre a Impes Service, via Finpar e con Michele amministratore delegato, la famiglia Somma è in Tecnoparco Valbasento spa che accoglie anche la parte terminale della filiera petrolifera, i rifiuti, smaltiti illecitamente come ribadito dall’Antimafia l’anno scorso. E se per Michele, ex presidente di Confindustria lucana fino all’anno scorso, c’è bisogno di snellire le procedure amministrative per trivellare di più in Basilicata, per Francesco è miope sostenere che le trivelle penalizzano agricoltura e turismo, come fossero tutti idioti in Basilicata a non accorgersi cosa accade nel mondo per via dell’industria petrolifera. Certo per conto di Impes Service Francesco oggi è in Confindustria tra i vice presidenti alle Politiche energetiche e ambientali, carica in cui prima di diventare Presidente c’era Michele (pare un ruolo di famiglia, ndr), che invece per conto di Tecnoparco è attualmente tra i componenti del consiglio di presidenza. Quanto contano gli interessi di privati nell’industria petrolifera e del gas rispetto a quelli pubblici come preservare un bene fondamentale come l’acqua? Perché tenendo conto della storia dei soggetti coinvolti, di imprese, e guardando i fatturati che pubblicizzano (PDF Brochure allegato, ndr), pare siano pochi conti corrente a goderne. E infine che senso ha il ruolo dell’altro fratello dei Somma, Ernesto, come consigliere senior del Consorzio TAP?