Esiste in Basilicata un controllo sistematico della qualità chimica delle acque dei canali di bonifica? No, da sempre. Arpab ha mai svolto una valutazione ecologica degli ecosistemi lucani? Qualcosa fino al 2006 dopo il nulla o quasi. Le norme ambientali sulla valutazione ecologica degli ecosistemi in Basilicata non sono quasi mai state pienamente osservate, realizzate a spot, da enti diversi, per alcune porzioni del territorio in maniera così frammentaria, volutamente frammentaria come ha ricordato la Dott.sa Chicca D’Alessandro durante un recente incontro pubblico a Bernalda, da non avere oggi neanche un censimento chiaro di specie estinte o a rischio, o di perdita chiara e documentata di biodiversità nel tempo circa il degrado degli ecosistemi. Quanti insetti siano spariti, quali specie vegetali micro e macro, non abbiamo la conta dei danni precisi perchè le istituzioni se ne fregano di questo aspetto. Per fortuna altri hanno studiato e pubblicato almeno l’impatto fitotossico dell’inquinamento sulla vegetazione costiera, quel polmone verde che protegge parte dell’agricoltura del Metapontino dai venti marini.
Uno studio poco noto del 2005 e sotto allegato, gentilmente fornito dal Geom. Franco Labriola, attesta sulla base anche di bibliografia pregressa, che l’azione singola degli aerosol prodotti dagli scarichi fognari, tensioattivi su tutti, combinata e non, con il regime ventoso soprattutto marino-costiero agevola l’azione fitotossica di alcuni elementi in particolar modo quando nelle aree costiere inquinate dagli scarichi urbani ed industriali e ricche di comuni tensioattivi, i quali esalano i loro aerosol inquinati a loro volta convogliati dai venti marini verso la vegetazione circostante. I tensioattivi tendono a solubilizzare la membrana cellulare agevolando l’azione fitotossica del sale.

Grazie alle segnalazioni di alcune ex sezioni locali del Corpo Forestale dello Stato e di altri uffici, oltre un decennio fa, si avviò una campagna di prelievi di foglie in: Basilicata, Puglia, Campania e Calabria per analizzarle in laboratorio (metodica mai usata nè per il monitoraggio dei SIN lucani nè per le aree petrolizzate – ndr). Prelevate nelle aree di: Policoro-Torre Mozza, foce Agri-Scanzano e Metaponto Lido, i tenori di tensioattivi riscontrati a Torre Mozza erano quarti solo ai risultati di Rosarno, Battipaglia e Castellaneta.
Cita lo studio:”…In Basilicata, in tutte le località sono stati riscontrati danni alla vegetazione (in media metà della chioma disseccata, sul lato esposto ai venti di mare) ed è sempre stata parallelamente verificata la presenza di tensioattivi sulle chiome, con valori consistenti, che oscillano tra 0.119 mg/l in località Lido di Metaponto e 0.227 mg/l in località Torre Mozza nel Comune di Policoro.” Danni questi che hanno minato la qualità di molti rimboschimenti costieri e non solo perchè:”… il rischio di scomparsa della vegetazione impiantata a protezione dei coltivi è da reputarsi elevato. Si tenga presente che i valori di tensioattivo depositato sulle chiome sono da intendersi puramente indicativi, in quanto non si è tenuto conto di eventuali periodi di pioggia nei giorni precedenti il campionamento che avrebbero potuto dilavare quantità importanti di inquinante. Molto importante si è rivelata la stretta relazione tra i sintomi sulla pianta, il danno a carico della chioma e il deposito dell’inquinante (Nicolotti et al. 2005, Paoletti et al. 2005). Pur trattandosi di fenomeni puntuali, è preoccupante la loro diffusione in tutte le regioni oggetto dell’indagine. È da sottolineare che questo fenomeno va ad aggiungersi ad altre cause di deperimento della vegetazione, quali l’erosione della costa e le infiltrazioni di acqua salmastra nel sottosuolo. Stimando le possibili fonti di inquinamento distribuite lungo le coste e l’estensione nell’entroterra dei danni da aerosol inquinato, che possono spingersi fino a 500 metri dalla linea di costa, risultano a rischio di deperimento 1000-1400 ha di rimboschimenti dell’Italia meridionale. I danni alla vegetazione, spontanea e non, causati dagli aerosol inquinanti vanno a interessare, per loro stessa natura, foreste posizionate lungo tratti di costa densamente popolati. Ciò potrebbe tradursi in un deperimento cronico, sia a carico di conifere che di latifoglie, predisponente all’attacco di parassiti di debolezza e di insetti. Le foreste in questo modo potrebbero venir meno al loro ruolo di stabilizzatrici del suolo e di protezione delle colture dai venti salsi. Con il presente lavoro si è voluto raccogliere i dati esistenti, censire nuove segnalazioni di deperimento della vegetazione litoranea nonché creare le basi per monitoraggi periodici ai fini di una descrizione dettagliata dell’evoluzione del fenomeno. Le amministrazioni pubbliche dispongono di nuovi elementi conoscitivi per intervenire sulle cause del danno e circoscrivere il fenomeno stesso.” Ovviamente questo studio è caduto nel vuoto come gli altri analoghi, nessuno monitora il deperimento dell’habitat costiero con analisi di laboratorio men che meno i tensioattivi nelle acque litoranee nonostante le tante bandiere blu al vento, anzi i tensioattivi peggiori, quelli anionici, da anni li ritroviamo nell’acqua potabile…