L’allarme è stato lanciato il 28 dicembre 2020 dalla Guardia Costiera dell’Alaska che ha comunicato che una sua nave, la Cutter SPAR, sabato 26 dicembre intorno alle 9:40, ha sversato oltre 10mila litri di olio idraulico in mare nei pressi della Womens Bay (altre stime riportano 3mila litri – ndr) poco a sud della città di Kodiak nel Golfo dell’Alaska. La notizia, anche se di limitata rilevanza ha una duplice particolarità perchè oltre all’impatto ambientale, la nave appartiene proprio alla “Division of Spill Prevention and Response (SPAR)” ovvero la divisione per la prevenzione e la risposta alle fuoriuscite di petrolio in mare e fa parte del Dipartimento della Conservazione Ambientale dell’Alaska; uno dei suoi principali compiti è quello di prevenire il diffondersi delle fuoriuscite di petrolio e sostanze pericolose e reagire rapidamente per proteggere la salute umana e l’ambiente.
Il terribile ricordo della Exxon Valdez. Nel marzo del 1989 l’Alaska fu lo scenario di uno dei maggiori disastri ecologici dell’epoca, ovvero lo sversamento della superpetroliera Exxon Valdez – di proprietà della Exxon Mobil (una delle principali compagnie petrolifere statunitensi). Il 24 marzo 1989 la Exxon Valdez si incagliò in una scogliera dello stretto di Prince William, un’insenatura del golfo di Alaska, disperdendo in mare 40,9 milioni di litri di petrolio. Allora quello dell’Exxon Valdez fu uno sversamento senza precedenti, un disastro ambientale che fece capire all’opinione pubblica quali fossero gli enormi rischi della trivellazione petrolifera nell’Artico, e non solo, e quanto ormai fossero indispensabili norme ambientali e di sicurezza per il trasporto di petrolio. In seguito al disastro nel 1990 nacque, sotto l’allora Presidente degli Stati Uniti George H. W. Bush l’ “Oil Pollution Act”; l’ordine impartito fu quello di rafforzare controlli e regolamenti più rigidi sulle petroliere, per gli armatori e gli operatori di navi tank. Le operazioni di ripulitura delle coste costarono alla Mobil circa 2 miliardi di dollari, coperti in gran parte delle assicurazioni.
Le nostre osservazioni sull’evento di Kodiak. Tornando allo sversamento della nave della Guardia Costiera – Cutter SPAR, avvenuto il 26 dicembre scorso, purtroppo dobbiamo sottolineare che, come spesso accade, l’esatta posizione della nave al momento della perdita non è stata comunicata. Ma come è divenuto da tempo nostro costume, l’Associazione Cova Contro, grazie all’aiuto di molti si è dotata anche di software ed idonei strumenti per l’analisi dei dati satellitari, che permettono di effettuare indagini spazio-temporali, per comprendere la natura, forma e dinamica degli accadimenti. Nel caso specifico, parlando di sversamento in mare di olio idraulico (hydraulic oil) e non di greggio o olio crudo (crude oil spill), qualche piccola puntualizzazione, per correttezza scientifica, va fatta. Corre l’obbligo anche sottolineare che, il Dipartimento della Conservazione Ambientale dell’Alaska, è molto sensibile alla prevenzione di queste calamità e, attraverso il proprio sito, informa tutti i cittadini degli accadimenti e delle informazioni tecniche che afferiscono alla materia, ed è un elenco di sversamenti molto nutrito.

Nel nostro particolarissimo caso, parlando di sversamento di olio idraulico in mare, caratterizzato di massima da un basso valore di viscosità, il suo spessore e la sua permanenza nelle acque salate può risultare inferiore alle 48 ore. Inoltre si consideri che, i componenti pesanti degli oli sono insolubili in acqua di mare, mentre quelli più leggeri, come ad esempio gli idrocarburi aromatici, sono solubili. Mentre idrocarburi raffinati e leggeri come la benzina possono evaporare completamente in poche ore. L’impronta digitale dell’olio idraulico, che tecnicamente si chiama firma spettrale, ha al suo attivo una quasi inesistente bibliografia.
I dati SAR acquisiti sono quelli della missione Sentinel-1 (Copernicus – ESA). La missione è costituita da una costellazione di due satelliti che, posizionati sullo stesso piano orbitale, funzionano giorno e notte, acquisendo immagini in banda C. Il satellite Sentinel-1A è stato lanciato il 3 aprile 2014, mentre l’1-B il 25 aprile 2016. COPERNICUS, precedentemente conosciuto come GMES (Global Monitoring for Environment and Security), è un complesso programma di osservazione satellitare della Terra, lanciato nel 1998 dalla Commissione Europea e da un pool di agenzie spaziali. Tra le applicazioni dichiarate “prioritarie” all’interno del programma, ci sono la gestione dei disastri naturali e il monitoraggio degli oceani, della vegetazione e dell’atmosfera. Lo sviluppo del progetto, inoltre, prevede che COPERNICUS ricopra un ruolo importantissimo anche in altri ambiti: da quelli relativi ai cambiamenti climatici, alla protezione civile e allo sviluppo sostenibile.
Dopo aver scaricato i dati dall’ESA, le immagini radar sono state analizzate con il software SNAP versione 8.0 fornito gratuitamente dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA); esso nasce appositamente per il trattamento e l’analisi delle immagini Sentinel e viene utilizzato per il pre-trattamento dei dati Radar e ottici. Le immagini che seguono permettono attraverso una semplice comparazione, di apprezzare le macro-diversità tra le due immagini SAR. Le immagini sotto sono relative alle registrazioni effettuate il 17 dicembre (A) dal satellite Sentinel 1-A e 29 dicembre (B) dal satellite Sentinel 1-B.


Per completezza scientifica si precisa che i dati SAR elaborati non hanno subito, come invece è prassi, la riduzione dell’effetto di disturbo di speackle. Tale decisione ricade nella convinzione che, le informazioni registrate nel dato SAR del 29 dicembre sono in qualche modo “impoverite” dal processo di dissoluzione delle olio idraulico presente in mare.
Si rammenta che la data dell’incidente è sabato 26 dicembre intorno alle 09:40.
Le immagini che seguono sono degli ingrandimenti dei dati SAR dell’area del porto di Kodiak dove, vista ancora la presenza di qualche debole anomalia riconducibile a sostanze oleose (area in rosso), si trovava probabilmente la nave Cutter SPAR nell’istante in cui è stato lanciato l’allarme.


Conclusioni
L’inquinamento prodotto dalle sostanze oleose è una forma di contaminazione dell’ambiente naturale causato generalmente da idrocarburi. Diversi tipi di oli minerali o di altra natura, possono avere comportamenti diversi negli sversamenti, dinamiche dettate da composizione chimica e fattori fisico-climatici. L’olio idraulico è uno dei tanti inquinanti per i quali mancano studi consolidati relativi alla firma spettrale degli stessi, ossia l’impronta che lasciano sull’acqua e visibile dal satellite secondo diverse bande. Cosa ancora più deprecabile è l’assenza da parte sia di singoli stati, come l’Italia, che di organismi sovranazionali, come la UE o la NATO, di appositi registri pubblici di censimento dei fenomeni acclarati di sversamento, dolosi o accidentali, soprattutto quelli di natura industriale o commerciale. Senza un censimento pubblico e dettagliato questi reati si diluiscono analogamente alle implicazioni ambientali nonchè un corretto perseguimento dei reati. Le immagini satellitari, come abbiamo avuto modo di verificare, possono offrire un contributo significativo in questo campo, identificando eventuali chiazze di petrolio su qualsiasi estensione areale, guidando poi le ricerche dall’alto facendo eseguire osservazioni precise in aree specifiche. Il radar ad apertura sintetica SAR (Synthetic Aperture Radar) è in grado di raccogliere dati indipendentemente dalle condizioni meteorologiche e di luce, è uno strumento eccellente per monitorare ed individuare perdite di petrolio sulla superficie dell’acqua. Esso offre il mezzo più efficacie per monitorare l’inquinamento causato da sostanze oleose: le perdite di petrolio infatti compaiono sulle immagini SAR come chiazze molto scure, per effetto dell’attenuazione prodotta dal petrolio sui segnali riflessi provenienti dallo strumento radar. Sicuramente l’impiego di dati di maggior dettaglio e ripetitività, come quelli prodotti dalla Costellazione Cosmo-SkyMed, TerraSAR-X e RADARSAT, permetterebbero di poter ancor meglio investigare qualsiasi area. La nostra associazione si è dotata dei mezzi per offrire queste nuove metodiche di indagine ambientale, ma a sostegno del nostro volontariato chiediamo un fattivo sostegno: https://covacontro.org/aiutaci/
L’Italia nonostante l’intensa attività portuale ed offshore non censisce gli sversamenti su un database pubblico, iniziativa invece intrapresa da anni da nazioni come l’Alaska o la Norvegia, buone pratiche che si potrebbero copiare subito e quasi a costo zero collegando magari i database delle Arpa con quello della Guardia Costiera.