Cosa accade nella regione dove c’è il più grande giacimento petrolifero d’Europa? E perché uno studio su un pozzo parla della possibilità di un sisma nel 2021 ?

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Dagli anni Sessanta si parla di terremoti indotti dall’attività umana nel mondo. Dovremmo preoccuparci dell’iperattività dell’industria del petrolio in Basilicata? Consultando l’HiQuake, database utilizzato dalla Commissione Europea (CE, ndr), sappiamo che le attività minerarie sono in cima alla classifica dei terremoti indotti, soprattutto mediante reiniezione di fluidi, utilizzo di tecnologie di idrofratturazione, e quella che chiamano Enhanced Oil Recovery (EOR, ndr). Nel 2018 lo stesso Comitato scientifico sulla salute, l’ambiente e i rischi della CE, nella relazione sugli impatti pubblici sulla salute e i rischi correlati all’attività onshore dell’industria petrolifera, confermava le attività minerarie causa di terremoti. Anche dall’altra parte del mondo, l’USGS del Dipartimento degli Interni USA, ha spiegato come nei decenni passati la maggior parte dei terremoti indotti negli Stati Uniti Centrali e Occidentali siano stati provocati dall’iniezione di acque reflue. Di questo fenomeno che andrebbe attentamente monitorato, in Basilicata se ne parla poco, e quando lo si fa spesso si minimizza.

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Nel 2008 a Potsdam fu presentato uno studio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV, ndr) sul pozzo San Gregorio Magno 1 (SGM1, ndr) nel potentino, a circa 1,4 chilometri dalla traccia superficiale della Faglia Irpina visibile dopo il terremoto del 1980. Si analizzò la Faglia lungo il pozzo, il motivo per cui sollecitazioni sotterranee (stress, ndr) locali differivano da quelle regionali, e come identificare possibili sorgenti locali di stress e una piccola sequenza sismica nell’area. Analizzarono i breakout, i punti in cui il buco perforato si ovalizza per lo sfaldarsi della roccia quando si perfora. Nel 2000 Agip e Schlumberger in uno studio (foto 1) confermarono che breakouts fratture indotte e scivolamenti di piani pre-esistenti erano caratteristiche degli stress indotti, e che l’80% delle ovalizzazioni riscontrate in un pozzo erano dovute a un danno in fase perforativa. Nel 2011 gli autori dello studio presentato a Potsdam, identificarono in profondità la faglia dell’Irpinia lungo SGM1 e la sua geometria, scrivendo che ” …il primo breakout si sviluppa nel pozzo SGM1 subito dopo il passaggio della trivella, e continua a propagarsi lungo l’asse del buco e nella formazione rocciosa. Poiché il campo di stress regionale è ben limitato nell’area – specificarono –, riteniamo sia possibile distinguere lungo il pozzo direzioni di stress anomale che si discostano dall’andamento regionale, e associarle a zone di taglio intersecate dalla perforazione”.

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Se nel 2011 oltre a delineare una  faglia attiva e la sua geometria lì dove si è perforato, parlano di scivolamenti sulla faglia probabilmente indotti da movimenti tettonici o dall’aumento della pressione dei pori rocciosi “quando si perfora attraverso essa“, tra 2008 e 2009 avevano ipotizzato che il pozzo intersecava la faglia (foto 2), e analizzato il terremoto dell’aprile del 1996 vicino SGM1. Studiando gli eventi sismici dal 1981 al 2008 dissero che ad una prima serie di 865 eventi in 15 anni se ne affiancava una seconda di 245 in un solo anno, quando si perforava (foto 3). E se la sismicità nella prima serie appariva espansa, nella seconda era “estremamente concentrata”. Emergevano domande sulla relazione tra perforazione e sismicità. “La sequenza sismica del 1996 potrebbe essere stata indotta dalla perforazione? Il tasso di sismicità potrebbe essere stato influenzato dalla perforazione? La reiniezione di fanghi potrebbe aver scatenato il terremoto? L’iniezione di fanghi potrebbe aver aumentato la pressione dei pori nella zona di iniezione e portato la faglia al collasso?”. Conclusero che bisognava considerare le implicazioni generali dei dati che avevano raccolto in quell’area “considerata una delle regioni con la più alta probabilità che accada un terremoto di magnitudo superiore a 5.5 nei prossimi dieci anni“. Scrivono proprio dieci anni. Perché? Nel 2015 l’INGV studiò un altro pozzo nel potentino, sempre di reiniezione, si tratta di Costa Molina 2 (CM2). Appena tre ore dopo il primo giorno di reiniezione registrarono un’attività sismica “estremamente concentrata”. “Nessun terremoto era stato rilevato” prima di quella data. Anche in questo caso, dopo domande simili su un terremoto indotto, si è sminuito il problema.