Vasca per la raccolta dell’acqua di produzione

L’acqua utilizzata nelle operazioni di estrazione del petrolio contiene molte impurità che ne impediscono il trattamento nelle strutture comunali: può essere otto volte più salata dell’acqua di mare e contenere batteri, sabbia, fango, olio e grasso, nonché materiali radioattivi presenti in natura e metalli pesanti, idrocarburi e altre tossine. Negli Stati Uniti queste acque reflue vengono fatte confluire in vasche ricavate nel sito di estrazione, oppure iniettate in pozzi sotterranei profondi o smaltite al di fuori del sito in impianti di trattamento acque reflue.

Tutti i fenomeni, e quindi anche quelli evolutivi e sulle dinamiche di trasformazione , possono essere studiati secondo due diverse prospettive: quella sincronica e quella diacronica.

Secondo la prospettiva sincronica, tutti gli aspetti di un fenomeno che si verificano contemporaneamente in un determinato arco di tempo, vengono considerati come un sistema di trasformazioni, regolato da precise leggi funzionali.

Secondo la prospettiva diacronica, invece, tali fenomeni sono studiati nella loro evoluzione, con la finalità di individuare precise leggi di mutamento.

Le immagini che seguono sono riferite ai Pozzi di: Policoro 01, Masseria Morano, Gioia e Masseria Petrullo. Le immagini presentano le aree adibite ad estrazione di gas e, in particolare, all’evoluzione dei vari siti in relazione all’impiego delle vasche di decontaminazione nell’arco temporale che va dal 1988 al 2020.

Le vasche di raccolta sono presenti solo nei Pozzi di Policoro 01 e Masseria Petrullo, le dimensioni sono rispettivamente di 1.240 mq e 122mq. La situazione di totale abbandono e degrado è percepibile nelle immagini che seguono.

Dal canto nostro, da tempo Cova Contro sta raccogliendo e producendo dati per studiare anche l’eventuale subsidenza o deformazione del suolo nelle aeree estrattive, rilevazioni condotte anche attraverso l’impiego di dati SAR (Synthetic Aperture Radar), oltre che analisi di dati sismici e vibrazionali (sismica passiva a stazione singola e multicanale), che permettono di misura le deformazioni dei corpi continui (che rispondono al segnale elettromagnetico) posti sul suolo, attraverso la tecnica A-DInSAR. La stessa, impiegata dal sottoscritto, per effettuare gli studi sull’andamento della stabilità degli edifici durante lo sciame sismico pre-evento dell’Aquila del 2009 – Dottorato di Ricerca in GeoInformation Tor Vergata Roma.

Ci preme mostrare la presenza di una consistente anomalia riscontrata nell’area dei Pozzi di Policoro 01 e Gioia. Tali informazioni, ribadisco ancora una volta, anche se datate, sono accessibili a tutti; sono presenti nel database dell’European Ground Motion Service (EGMS)

Le aree bianche sono rispettivamente i Pozzi di Policoro 01 (in basso) e Gioia (in alto). I grafici rappresentano l’andamento temporale delle deformazioni registrate dai satelliti Sentinel 1 e 2 dei corpi continui presenti sul terreno, nell’arco temporale che va da gennaio 2016 all’ottobre 2021. In blu l’andamento delinea un avvicinamento e in rosso allontanamento dall’angolo di vista del satellite (LOS).

CONSIDERAZIONI

Il poter chiaramente dichiarare che un’area è “soggetta a subsidenza“, nel nostro bel Paese, risulta ancora essere una fonte di “disagio immobiliare“, non certo per le vittime che ha prodotto negli anni. Sicuramente, per avere una netta conoscenza sull’argomento, dovremmo attendere la chiusura del Progetto Subsidenza. Progetto che vede come attori protagonisti l’INGV e il MASE e che è stato presentato recentemente all’Accademia delle Scienze di Roma. Considerando anche che, tra gli obiettivi primari, risiede proprio la ricerca di metodologie di confronto e correlazione tra deformazione del suolo e produzione/stoccaggio di idrocarburi.

Nei nostri occhi c’è sempre il ricordo di quell’ottobre 1991 con il blow-out del pozzo Policoro 01; fortunatamente senza vittime nell’immediato ma con impatti a lungo termine mai studiati nè dagli enti, nè dalla magistratura, che mai appurò responsabilità o danni ufficialmente senza neanche aprire le indagini

CONCLUSIONI

Le immagini delle vasche permettono di percepire lo stato di abbandono totale in cui versano. Le attività dei pozzi sono a tutt’oggi sconosciute nel dettaglio, analogamente alla gestione dei rifiuti minerari e dei cicli manutentivi. L’anomalia riscontrata attraverso i dati SAR, lascia presupporre che una linea di demarcazione, che incrocia i due pozzi, possa produrre due dinamiche nel suolo esattamente e diametralmente contrapposte. Parliamo di due aree attigue in cui insiste un evidente fenomeno di abbassamento e innalzamento dei corpi continui (subsidenza o subsistenza). Se dal mancato isolamento di queste vasche, o dagli additivi usati nelle perforazioni, o dal percolamento dei fanghi/rifiuti estrattivi provenga anche la contaminazione di falda e suoli tutt’ora oggetto di caratterizzazione sarà argomento delle prossime indagini. La nostra onlus ha lanciato il primo allarme sulla contaminazione di falda nel 2015, il secondo nel 2020, e ad oggi le nostre richieste hanno portato ad ordinanze e caratterizzazioni nonchè controlli ordinari visto che fino al 2019 le aree attigue ai pozzi gas locali non erano mai state oggetto di indagini ambientali ufficiali da parte di quegli enti di controllo deputati a farlo.