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Nell’agosto 2016 viene pubblicato mezzo “decreto pittelliano” l’avviso pubblico per la nomina del Presidente dell’Ente di Gestione del Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano. Il bando arriva un anno dopo.

Parte della procedura prevedeva altresì la valutazione del curriculum e dei titoli o delle esperienza acquisite sul campo. Dopo la raccolta delle autocandidature, a dicembre arriva il nome del vincitore, Michele Lamacchia, consigliere comunale a Matera e dipendente regionale, nel cui curriculum più che il profilo di un naturalista o di un archeologo emerge il ruolo dell’agronomo-manager-burocrate, che spazia dai fondi europei alla degustazione degli oli passando per la formazione e le ferrovie appulo-lucane. Eppure al concorso, o meglio pseudo-tale, hanno partecipato archeologi con oltre 30 pubblicazioni scientifiche ed una vita intera passata tra natura, scuola ed archeologia sul campo,  e soprattutto senza aderenze politiche nel curriculum, senza ricorrere a sussidi pubblici o a favori dalla politica e senza inanellare poltrone. Infatti la nomina di Lamacchia presidente, uomo non avverso al sistema come si desume dal suo cv, è arrivata per bocca e firma di Franco Mollica, presidente del consiglio regionale, il dipendente prefettizio in aspettative che cacciava anni fa Polese dall’aula per far mancare il numero legale su Tecnoparco. D’altro canto lo stesso Lamacchia, da naturalista, cosa ha mai fatto sugli impatti dell’Italcementi, gli omessi controlli Arpab, le indagini sulla Ila laterizi, o sulle contaminazioni della discarica di Lamartella?

I Verdi, ormai appiattiti al sistema, sono stati tra i primi a lanciare pubbliche congratulazioni per la nomina, seguiti dal WWF Matera. Tutto come doveva essere, tutto anti-meritocratico, tutto deciso a tavolino da quella stessa politica che oggi chiede voti per far rientrare i cervelli, con il silenzio di presunte opposizioni, anch’esse candidate ad oggi, che hanno taciuto su questo ennesima porcata alla faccia del merito.

A riprova delle irregolarità commesse dalla filiera corta che ha portato alla nomina, vi è la delibera dell’ente parco del 4 dicembre 2017 ove il Sindaco di Montescaglioso per primo ricusa i metodi poco trasparenti e la scarsa informazione che i sindaci locali rientranti nel parco hanno subito sulla vicenda, ed alle pesanti critiche si accodano nel deliberato anche altri sindaci ed il presidente della provincia, costretti tutto sommato a deliberare una rosa di sei nomi nella quale neanche compariva l’attuale presidente, ma altresì candidati sicuramente ed oggettivamente più affini al ruolo in oggetto.

Questa è la filosofia di Matera 2019: lo sciacallaggio mercificatorio di un’identità, neanche ben consolidata, che invece di diventare collante di un popolo che ancora non esiste è diventata solo un brand, pagato dal pubblico e gestito dalla politica, esattamente come questo bando. Ci vediamo nel 2020!

Di Giorgio Santoriello

Laureato in Lettere, attivista amante della Basilicata ma poco dei lucani.