Eni e Regione Basilicata avviano le ricerche a Marsico Nuovo.

di Giorgio Santoriello

Sul sito Eni-Basilicata, il cane a sei zampe annuncia dal 13 ottobre di quest’anno l’avvio dei lavori di ricerca petrolifera presso il pozzo Pergola 1, a Marsico Nuovo (Potenza), con perforazioni per oltre 4 km, in verticale.

Una ricerca che, secondo Eni, potrebbe anche essere economicamente svantaggiosa ed in tal caso sarebbe garantito: ”il totale ripristino territoriale”. Ma i vantaggi secondo Eni sono molteplici, come per esempio il ridotto numero delle postazioni utilizzate in superficie. La multinazionale si vanta di consumare poco suolo lasciando intendere che ciò sarà possibile perché la perforazione sarà direzionabile. Quindi anche orizzontale?

L’Eni dice di avere le carte in regola grazie a mamma Regione Basilicata che al progetto Pergola 1 diede il nulla osta al vincolo idrogeologico con determina dirigenziale n.17/2/2011 n° D.00166 e successiva proroga con D.D. n.75AD.2013/D.00679 del 4.6.2013; quindi all’epoca del regno dell’attuale sottosegretario alla salute Vito De Filippo che continua a dire nei pubblici incontri, come pochi mesi fa a Scanzano, che: “le insorgenze tumorali in Basilicata sono aggravate dagli stati depressivi indotti dalla crisi economica”. Una bestemmia che meriterebbe doverose dimissioni per lui come per i dirigenti regionali che in questi anni hanno firmato determine prive dei doverosi richiami di legge. Importante riflettere anche sulle più recenti dichiarazioni di De Filippo che a Policoro, durante l’ultima festa del Pd disse che:” il testo dello Sblocca Italia è stato scritto dal ministero dello sviluppo economico”, quindi da gente priva oltre che di scrupoli anche delle dovute competenze ambientali. L’Eni comunque ha proprio tutto: dal giudizio favorevole di compatibilità ambientale e relativa autorizzazione paesaggistica (procedimento unico) – D.G.R. n. 554 dell’08/05/2012 e D.G.R. n.1371 del 16.10.2012, fin’anche al piano di monitoraggio ambientale (prima, durante e dopo l’intervento) – approvato da Arpab con nota n.5852 del 26.06.2013; nonché la verifica di ottemperanza con determina dirigenziale n. 75AB.2013/D.01446 del 6.11.2013. Nulla da eccepire, se non altro che tutte queste autorizzazioni poggiano su una base di illegalità ed illegittimità.

Le analisi dell’Eni sono inattendibili. Nella diapositiva n.9 del progetto Pergola 1 (http://www.eni.com/files/progetto-pergola1.pdf), l’Eni dimostra tutta la sua ignoranza, o voluta incompetenza, evitando di inserire nel disegno schematico relativo al pozzo due “marginali” fattori: le falde profonde e la sismogenicità dell’area. Due aspetti che da tempo per Eni e Total sembrano volutamente marginali. Purtroppo o per fortuna, l’area del pozzo Pergola 1 non solo è ricca di falde, ma sorge nei pressi dell’area di ricarica delle acque dell’Agri e tenendo conto della più estesa area dei Monti della Maddalena tra Basilicata e Campania, un’eventuale attività perforativa potrebbe contaminare anche l’area di ricarica del fiume Sele sul versante campano. Dulcis in fundo il territorio comunale di Marsico Nuovo è classificato “zona 1” nella mappa nazionale della sismicità, e presenta altresì affioramenti di litologie calcaree ed acquiferi carsici. Quindi come già detto dalla geologa Albina Colella se un pozzo contaminasse le falde, il contaminante si sposterebbe velocemente nelle grandi cavità del sottosuolo. Completamente omessa da Eni ogni citazione dell’area naturalistica protetta Sic-Natura 2000 – Monti della Maddalena. L’Eni dice di aver effettuato d’intesa con Arpab un piano di monitoraggio ambientale ante-operam per tutte le matrici ambientali dell’area, ma chi ha visto questo piano? Le analisi come sempre le ha fatte Eni mentre Arpab guardava? Perché nella diapositiva 16 quei pochi dati ambientali rinvenibili nel documento sono illeggibili? Perché l’Eni non ha mai parlato di monitoraggi ambientali ante -operam sino ad oggi ed inizia nel 2014 a farlo?

L’Eni è la nostra vera A.r.p.a. Nel 2014 stando ad Eni, per l’area di Pergola, sarebbe stato svolto il bianco ambientale, in seguito inviato ad Arpab il 16 settembre scorso. Ridicoli i dati riportati da Eni: riducono il bianco ambientale ad un mancato raggiungimento della rilevabilità strumentale dei “maggiori” inquinanti, osservazione che col bianco ambientale non c’entra nulla. Infatti il bianco deve essere una fotografia oggettiva dello stato dei luoghi per mapparne le caratteristiche chimico-fisiche, è una ricostruzione scientifica di un dato habitat da fare in maniera diversa dal rilevamento degli inquinanti, ed Eni invece dimostra ancora una volta la sua incompetenza più o meno voluta, riducendo il bianco ambientale al rilevamento o meno di inquinanti, metodo che secondo gli addetti al settore è assolutamente sbagliato. Curioso l’accenno all’indice biotico, ossia di sviluppo della vita, ove per i singoli microhabitat della zona di Pergola, il giudizio che l’Eni conferisce è per tutti di “condizione sufficiente” (III classe): un’area poco abitata, con zone d’interesse naturalistico a ridosso, il cui giudizio è sufficiente secondo il controllato/controllore della situazione? L’Eni sottolinea i campionamenti fatti per le acque superficiali e profonde, fino a -20 metri dal p.c., ma ormai i lucani sanno che è solo fumo negli occhi: la Regione Basilicata non si è volutamente data sino ad oggi un piano regionale di tutela delle acque, come imposto da legge europea già recepita nel dlgs. 152/2006, quindi tutti questi spot filo-ambientalisti dell’Eni non incantano più nessuno. L’Eni è diventata ormai la nostra Arpa.

Il Tar in Basilicata è filo-petrolieri? Eni si vanta di aver ridotto l’impatto paesaggistico. Altra stupidaggine. La Regione Basilicata volutamente non si è mai data un vero piano di tutela paesaggistica regionale e nonostante abbiamo Matera capitale della cultura 2019 ed annesso patrimonio Unesco, in Toscana il piano di tutela lo stanno approvando per difendere le loro colline ed i loro vigneti, la Basilicata invece sta diventando un unico e grande campo petrolifero. L’Eni parla di mitigazione cromatica, ossia dipingere la torre del pozzo di verde militare, piantumando attorno filari di alberi. Ma ciò che fa riflettere è il ruolo della magistratura, perfino di quella amministrativa regionale: perché in Toscana, Sardegna, Lazio i Tar parlano di impatti ambientali non mitigabili in base ai quali hanno respinto addirittura campi eolici e progetti geotermici ed in Basilicata il petrolio trova tappeti rossi ovunque? Forse bisognerebbe chiedere un parere al Tribunale Internazionale dell’Aja.

E Schiassi inizierà a dare segni di vita? Chiediamo al neo direttore dell’Arpab, Aldo Schiassi, di divulgare immediatamente il piano di monitoraggio ambientale fatto con Eni sul pozzo Pergola 1, e di discuterlo in pubblico con esperti ed associazioni nonché liberi cittadini, affinché questa riforma paventata dell’Arpab inizi a concretizzarsi almeno nella partecipazione popolare ai processi decisionali strategici.

C’è chi dice no. La comunità “Vallo di Diano” forte dei pareri contrari dei Comuni di Eboli, Sala Consilina ed Atena Lucana ha deliberato l’1/10/2014 parere contrario rispetto alle richieste di ricerca idrocarburi ricadenti nel suolo campano confinante con contrada Pergola, quindi se in Campania hanno detto no al Pergola 1 perché il presidente della Regione Basilicata dice sì dal versante lucano? Vuole aiutare l’Eni a prendere il “petrolio campano” perforando dalla Basilicata?

http://basilicata.basilicata24.it/cronaca/eni-regione-basilicata-violano-legge-marsico-nuovo-15495.php

Di Giorgio Santoriello

Laureato in Lettere, attivista amante della Basilicata ma poco dei lucani.