
C’è chi li chiama test e prove di sollevamento e chi fallimenti ma, a quasi quattro anni dal collasso e due e mezzo dall’affondamento, tutto ciò risulta essere surreale.
La cronaca riporta che i primissimi risultati, tre tentativi di sollevamento il 31 agosto e 7 ed 8 settembre, del costo di circa 9 milioni di Euro, sono stati un fallimento. Anche se, il 12 settembre, un primo troncone del relitto è stato finalmente recuperato, ma si tratta solo, fatte le debite proporzioni, della nona o decima parte dell’intera struttura. Ricordiamo che, con tutta calma, fu approntato un bando di gara, aggiudicato nel dicembre 2019, il bando fu poi revocato pare per alcune leggere “imprecisioni”, si proseguì con un ricorso al TAR poi ritirato, ed infine l’affidamento lavori non fu effettuato con la somma urgenza di provvedere a fermare il disastro in corso, ma solo come variante al previsto progetto di escavo del Canale Portuale, con la “trovata”, chiamiamola così, della banchina frontestante il relitto che sarebbe dovuta servire per stoccare fanghi. Ci chiediamo se, in assenza dell’intervento della Magistratura a seguito di due denunce, il progetto di escavo del canale (per un importo faraonico totale di 800 milioni di euro) che attende dal 2007 sarebbe iniziato proprio con i “test” sulla Berkan B.
Ci siamo già occupati dell’oscura vicenda della BERKAN B e come vedremo in seguito, riscontriamo solo la presenza di tracce di oli, con alta probabilità idrocarburi. Per chi, come me che ha vissuto l’altra storia infinita, quella del relitto della Costa Concordia e del suo recupero, risulta veramente surreale quello che accade oggi a Ravenna.
Nessuno dei progettisti del recupero della Berkan B ha letto o meglio, studiato le carte di recupero della Costa Concordia? Anzi, colmo dei paradossi, uno dei progetti presentati su cui si sarebbero basate le operazioni in corso, sarebbe proprio di un progettista, a quanto sembra, del recupero della Costa Concordia. E qui il cittadino si ritrova completamente smarrito. Nessuno ha percepito, fermo restando titoli accademici o esperienza diretta, quali siano le tappe a cui un relitto e l’habitat che lo ospitano sono sottoposti?
Eppure sembrava scritto in corretto italiano nella pubblicazione divulgata dall’ISPRA dal titolo: “Emergenze Ambientali in mare – il caso della M/N “Costa Concordia”. Esattamente a pag. 50 si può leggere “…dopo la rottamazione del relitto, soprattutto i ponti delle navi che si trovano a una quota prossima al livello del mare hanno subito per circa 10 mesi il risciacquo del moto ondoso che ha spostato e fatto affondare gran parte del materiale solido non fissato alla nave. Dopo il suo allontanamento, si è notato che i fondali sottostanti erano coperti da questo materiale, determinando coltri fino a qualche metro di spessore. Questo fenomeno è stato particolarmente evidente in corrispondenza della posizione della prua e della poppa della nave dove le aperture non erano “chiuse” dalla presenza dei cassoni di sollevamento”.
Come risulta egualmente sancito dalla Convenzione di Hong Kong (CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUL RICICLAGGIO DELLE NAVI SICURO E COMPATIBILE CON L’AMBIENTE) che riguarda la progettazione, la costruzione, il funzionamento e la manutenzione delle navi e la loro preparazione “…. al fine di facilitare il riciclaggio sicuro ed ecologico, senza compromettere la sicurezza e l’efficienza delle navi stesse”.
In ragione delle diverse competenze e delle diverse esigenze che si manifestano al crescere della gravità dell’evento, la normativa italiana in materia contempla:
- i piani operativi di pronto intervento locale, preordinati da ciascun Capo di Compartimento Marittimo in accordo con i piani di emergenza provinciale;
- i piani di emergenza a bordo delle navi, secondo quanto previsto dalle Convenzioni MARPOL e SOLAS, presso gli impianti di coltivazione di idrocarburi, come previsto nella Direttiva offshore
- 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi o per gli impianti
- costieri di stoccaggio e trattamento (raffinerie);
- il “Piano operativo di pronto intervento per la difesa del mare e delle zone costiere dagli inquinamenti accidentali da idrocarburi e da altre sostanze nocive” del Ministro della transizione ecologica (2013);
- il “Piano di pronto intervento nazionale per la difesa da inquinamenti di idrocarburi o di altre sostanze nocive causati da incidenti marini” del Dipartimento della Protezione Civile (DPCM2010).
Entrambi questi Piani contemplano funzioni di ISPRA nell’ambito delle emergenze ambientali in mare.
Ma andiamo per ordine e verifichiamo la successione degli eventi e le deduzioni a cui possiamo giungere dall’analisi dei dati satellitari SAR di Sentinel-1 1SA e 1SB e Sentinel-2 del Progetto Copernicus dell’ESA.
Il 31 agosto i lavori di recupero vengono bruscamente interrotti: come si legge su Portoravennanews.com, la rottura di una paratia ha fatto fermare il tiraggio della gru e si è deciso di far tornare la porzione di relitto sul fondale. Il 7 settembre è caratterizzato dalle dichiarazioni del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale, Daniele Rossi e dal secondo riposizionamento sui fondali del troncone non potuto estrarre per altri problemi tecnici. Il Presidente Daniele Rossi dichiara che “sono state da poco comunicate le prime risultanze delle analisi (11 prelievi di campioni di acqua all’interno della panne che circondano il tratto dove si trova il relitto) da cui emerge che tutti i valori rilevati sia per le acque che per i sedimenti non evidenziano alcuna contaminazione essendo valori ampiamente sotto i limiti di legge”. La vicenda è al centro di un processo penale che interessa anche il Presidente Rossi. Continua “Nessun inquinamento proveniente dal relitto semi-affondato della “Berkan B” ha mai interessato la zona esterna alle panne antinquinamento posizionate tempestivamente intorno al relitto per impedire eventuali spandimenti.”
Peccato che qualche giorno prima, esattamente il 5 settembre, una fila di barriere oleoassorbenti messe a protezione della parte nord Pialassa era stata manomessa per un tratto di circa 70 metri, e nonostante le PEC inviate alla Capitaneria di Porto, fino a mercoledì 8 settembre sera nessuno le aveva ancora ripristinate.
Giorno 8 settembre, il copione rimane praticamente simile: tentativo di sollevare un troncone, impossibilità di proseguire per problemi tecnici e ritorno del troncone nel fondale.
Nel nostro precedente articolo fu presentata una sequenza di immagini che, dal 2 gennaio al 16 marzo 2021, analizzavamo la risposta del segnale SAR nell’area prospiciente il molo dove è ancora ormeggiata la Berkan B. La lettura dei Profile Plot, ben evidenziò la presenza di sostanze oleose riconducibili allo sversamento di idrocarburi.
Come precedentemente descritto verranno analizzati i dati satellitari SAR di Sentinel-1 1SA e 1SB e Sentinel-2 del Progetto Copernicus dell’ESA. SNAP è software open source utilizzato ed è quello rilasciato dall’Agenzia Spaziale Europea. Per l’analisi dei dati del satellite Sentinel-2 S2A e S2B sono stati impiegati algoritmi presenti nel db (script) presenti nel Progetto Copernicus; altresì non disponendo di dati puntuali di analisi delle acque acquisiti in concomitanza del passaggio del satellite, si parlerà di mere anomalie delle acque superficiali.
Le immagini che seguono, com’è nostro protocollo di analisi dati, ripercorrono la strada dell’analisi diacronica e sincronica.
30 agosto 2021 – Sentinel-1 S1B

31 agosto 2021 – Sentinel-1 S1B

1 settembre 2021 – Sentinel-1 S1A

5 settembre 2021 – Sentinel-1 S1B

5 settembre 2021 – Sentinel-2 S2B

6 settembre 2021 – Sentinel-1 S1B

7 settembre 2021 – Sentinel-1 S1B

7 settembre 2021 – Sentinel-2 S2A

11 settembre 2021 – Sentinel-1 S1B

12 settembre 2021 – Sentinel-1 S1B

Considerazioni
Il recupero dei relitti, per alcuni versi, è forse una delle attività più eccitanti e affascinanti perché permette di ritrovare reperti storici o addirittura tesori sommersi. Nel nostro caso di eccitante c’è ben poco, come ben poche sono le informazioni relative allo stato di salute in cui si trova il fondale e, si rammenta che l’aver posizionato le panne può avere un significato come operazione emergenziale nell’immediatezza di uno sversamento ma, dopo circa tre anni (luglio 2018), e due e mezzo dopo l’affondamento del relitto abbandonato per un anno e mezzo dal collasso (ottobre 2017) senza muovere un dito, con ancora tutte le casse di carburante piene, diventa l’indizio che delimiterebbe l’area di ricaduta degli inquinanti pesanti sul fondale. Assistiamo da sempre a facili e convincenti rassicurazioni mai alla verifica della bonifica di un sito.
Conclusioni
La concomitanza degli avvenimenti, ossia i falliti tentativi di recupero e il ricollocare il troncone sul fondale, il risciacquo del moto ondoso che ha spostato il materiale depositato e visto l’apparire nelle immagini di anomalie superficiali, permettono di pensare che l’equivalenza tra causa ed effetto ha trovato la sua dimostrazione; Leibniz e Huygens potrebbero esserci riconoscenti. Le elaborazioni dei dati satellitari di Sentinel 1 e 2, rispettivamente di onde radar e ottiche multispettrali, permettono di apprezzare, anche se di modeste dimensioni, la presenza di anomalie (macchie rosse) riconducibili allo sversamento di idrocarburi presenti nelle date e negli orari di presa. Come Cova Contro, tutto ciò ci spinge ad investire e sperimentare anche altri sistemi di rilevazione satellitare con una più alta risoluzione spaziale e temporale, siano essi attivi (SAR) o passivi (ottici multi ed iperspettrali) ma per questo servono ulteriori investimenti sostenuti dalle vostre donazioni.