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“Eni ignora le regole stabilite per le aree sismiche”

di Redazione Basilicata24

La recente visita in Basilicata della Commissione Industria ed Energia del Senato ha riproposto la questione della reiniezione e dello smaltimento delle acque di scarto petrolifero, che tanti problemi sta creando nell’area di Tecnoparco, vicino a Pisticci in Valbasento. Sappiamo che in Val d’Agri,

l’area del più grande giacimento petrolifero sfruttato in Italia, e area tettonicamente attiva e sismica dove si sono sviluppati importanti terremoti come quello del 1857 che ha quasi raso al suolo l’abitato di Montemurro, l’Eni intende aumentare la produzione di petrolio e gas. Abbiamo di recente appreso dalla stampa che, per risparmiare sugli altissimi costi di trasporto dei reflui petroliferi a Pisticci (circa 40 milioni di euro l’anno) e per ridurre l’impatto ambientale, l’Eni chiederebbe altri tre pozzi, oltre quello già autorizzato di Costa Molina 2.

In occasione della visita senatoriale non sono mancate le rassicurazioni sulla sicurezza di tali pozzi. Informazioni poco rassicuranti tuttavia ci vengono dall’estero: 1) una indagine dell’agenzia americana di giornalismo investigativo ProPublica sui pozzi di reiniezione negli Usa tra il 2007 e il 2010, ha rivelato che i cedimenti strutturali dei pozzi di reiniezione profonda di liquidi di scarto sono la routine, che più di 7 mila pozzi hanno subito perdite dalle loro pareti, e che i pozzi hanno operato spesso in violazione delle norme di sicurezza, così causando migrazioni in superficie di fluidi tossici o inquinamento di acque sotterranee destinate al consumo umano della nazione; 2) la letteratura scientifica internazionale indica che la reiniezione profonda e continua nel tempo di fluidi è una delle tecniche peggiori che potenzialmente possono innescare terremoti in particolari condizioni del sottosuolo, perchè tende ad aumentare le pressioni sotterranee su aree molto vaste, con il rischio di interessare anche delle faglie attive; 3) il Rapporto Ichese, elaborato nel 2014 da una Commissione tecnico-scientifica internazionale incaricata dalla Protezione Civile per valutare le possibili relazioni di concausa tra le attività estrattive di idrocarburi e un accentuato aumento di sismicità nell’area dell’Emilia-Romagna colpita dai terremoti del 20 e 29 maggio 2012, non ha escluso “che le azioni combinate di estrazione e iniezione di fluidi in una regione tettonicamente attiva possano aver contribuito, aggiungendo un piccolissimo carico, all’attivazione di un sistema di faglie che aveva già accumulato un sensibile carico tettonico e che stava per raggiungere le condizioni necessarie a produrre un terremoto”.

Preoccupazione genera il pozzo di reiniezione Costa Molina 2 in Val d’Agri, che: 1) secondo una interrogazione parlamentare nel 1999 avrebbe avuto dei problemi di cedimento dell’incamiciatura, 2) è ubicato in un’area tettonicamente attiva e sismica con importanti faglie, 3) è ubicato a circa 3 chilometri dall’abitato di Montemurro, che è stato distrutto dal terremoto del 1857 con 4000-5000 morti, 4) la cui attività di reiniezione potrebbe aver indotto un cluster di microsismicità individuata nell’area del pozzo, come documentato da un lavoro scientifico, 5) sussiste il problema ancora irrisolto delle anomale acque di Cd. La Rossa. Da tempo il Prof. F. Ortolani, dell’Università Federico II di Napoli, chiede pubblicamente se la reiniezione di fluidi nel sottosuolo profondo è legale in aree tettonicamente attive e sismiche. Infatti, oltre al D.Lgs 152/06 esiste la Delibera del 4 febbraio 1977 del Comitato dei Ministri per la Tutela delle Acque dall’Inquinamento, “Criteri, metodologie e norme tecniche generali di cui all’art. 2, lettere b), d) ed e), della L. 10 maggio 1976, n. 319, recante norme per la tutela delle acque dall’inquinamento”, GU n. 48 del 21-2-1977 – Suppl. Ordinario. Questa importante delibera individua una serie di requisiti generali per lo scarico di reflui nel suolo in merito alla immissione in unità geologiche profonde. La delibera recita: “In particolare deve essere accertata e debitamente documentata l’esistenza delle seguenti condizioni: -che trattasi di formazioni geologiche atte a ricevere gli effluenti, sicuramente isolate dalla superficie e dai serbatoi contenenti acqua dolce e/o altre risorse utili; – che dette formazioni siano situate in zone tettonicamente e sismicamente favorevoli”. Questi requisiti sono così importanti che la Eni Corporate University, Scuola Enrico Mattei, Master Medea 2002/03, Progetto “Water Management”, nell’illustrare le norme per la reiniezione dei rifiuti liquidi nel sottosuolo richiama la Delibera del 4 Febbraio 1977 suddetta. In particolare nel testo Eni C.U. si specifica che la formazione geologica atta a ricevere i rifiuti liquidi ” deve essere ubicata in zone sismicamente stabili”.

Come mai questa delibera non è stata applicata in Val d’Agri, area tettonicamente attiva e sismica, classificata in Zona 1, ossia la zona più pericolosa, dove possono verificarsi (e si sono verificati) fortissimi terremoti? Forse questa delibera è stata abrogata? A quanto pare no, visto che tale delibera è stata recentemente richiamata da vari enti istituzionali. Nel 2011 ad esempio la Provincia di Foggia, nella determina di autorizzazione alla reiniezione profonda di reflui petroliferi richiesta da Eni nel Comune di Biccari, impone ad Eni di rispettare i dettami di legge di difesa delle acque sotterranee dall’inquinamento, come previsto dalla delibera interministeriale del 4 febbraio 1977. La stessa Eni, d’altronde, richiama questa delibera in un documento relativo al pozzo Costa Molina 2. Per giunta, in siti di giurisprudenza si legge che nonostante il D.Lgs. 152/99 sia stato abrogato dal D.Lgs. 152/06, permane la validità della Delibera del Comitato Interministeriale del 4 febbraio 1977 in quanto disciplinante tutto ciò che non era contenuto nel decreto abrogato. Perchè la Regione Basilicata non ha applicato i dispositivi di questa delibera? Perchè sul sito Unmig il pozzo Costa Molina 2 appare ancora come pozzo perforato a scopo esplorativo, e non come pozzo reiniettore? Perchè in Basilicata è difficile reperire una qualche seria traccia amministrativa sulla pratica della reiniezione, che sia una determina o uno studio ambientale? E tutto ciò nonostante la recente Commissione Ichese abbia avanzato seri dubbi sulla sismicità innescata dalle attività estrattive e di smaltimento? Ed infine, perchè la Regione Basilicata ha rinnovato l’autorizzazione allo scarico del Pozzo Costa Molina 2? Forse anche perchè “I valori di concentrazione di ferro che sono stati riscontrati nei piezometri Pz5 e Pz7 e che hanno motivato le richieste della Provincia di Potenza e dell’Ufficio Prevenzione e Controllo Ambientale della Regione Basilicata non sono attribuibili a Ferro proveniente dall’interno della condotta in esame, ma sono da ricondurre al fondo naturale del terreno?” (Albina Colella docente di Geologia Università della Basilicata, Giorgio Santoriello)

Gio, 03/07/2014 – 10:34

 

http://basilicata.basilicata24.it/cronaca/reiniezione-petrolifera-val-dagri-rispettata-legge-14411.php

Di Giorgio Santoriello

Laureato in Lettere, attivista amante della Basilicata ma poco dei lucani.