Dopo le svariate analisi svolte nei mesi precedenti, una famiglia residente sempre in via Anzio a Potenza, allarmata dai risultati ottenuti tempo fa dai vicini di casa, ci ha chiesto di ripetere le medesime analisi questa volta con una differenza: l’utenza privata era provvista di un depuratore domestico certificato e correttamente manutenuto. Il prelievo svolto il 21 marzo 2022 ci dice che nell’acqua erano presenti:
- 81 mcg/l di idrocarburi pesanti disciolti (la metodica rileva idrocarburi petroliferi sui quali bisognerebbe stabilire l’origine se geogenica o no);
- esaclorobutadiene, sostanza mutagena/teratogena, a 9,6 mcg/l, se si trattasse di acqua di falda imporrebbe l’immediato divieto di uso ed indagini di caratterizzazione, difatti in Val Basento all’interno del SIN vicino alcune aziende il solvente arriva ad un massimo di 1 mcg/l a fronte di una soglia di 0,15;
- triclorobenzene a 10 mcg/l (clorobenzene che nell’acqua potabile non dovrebbe comparire).
Il quadro resta sempre lo stesso: tra la diga del Camastra, Anzi e Potenza le anomalie interessano la solita triade: idrocarburi, triclorobenzene ed esaclorobutadiene, sempre loro in combinazioni diverse. Asp, Acquedotto Lucano e Regione/Arpab non hanno mai risposto concretamente alle nostre osservazioni dei mesi passati, replicando solo con astratte offese e semplicistiche dissimulazioni, il problema rimane serio: queste sostanze perchè non sono state ricercate sistematicamente, da dove provengono, cosa non va nella potabilizzazione e la popolazione da quanto tempo è esposta? E con quali impatti sanitari? Serve una valutazione sanitaria sulla concomitanza di questi contaminanti, il loro effetto sinergico, le autorità devono dire se e perchè questi tenori sono tollerabili o no, da dove derivano e da quanto tempi ci sono. Sono passati oltre 5 mesi dal nostro primo alert e tutto sembra tacere, idem quei politici locali che ci hanno chiesto una gratuita consulenza iniziale per poi evaporare.
Ma il depuratore privato a cosa serve? I tenori di metalli pesanti, in tracce, non sono molto difformi dall’abitazione analizzata nella medesima via a novembre 2021 e sprovvista di depuratore. Ci è stato spiegato dall’azienda costruttrice che per legge deve funzionare la valvola di salinità ovvero, l’acqua così depurata sarebbe distillata, quindi non salutare per l’essere umano, per cui per legge finita la depurazione dell’impianto domestico l’acqua distillata sarebbe rimescolata con una dose di quella di rete et voilà spiegato l’arcano. Si paga una seconda depurazione privata per poi mescolare il depurato con l’acqua di rete così il prodotto non cambia e neanche il consumatore ha reali vantaggi soprattutto dinanzi ad un’acqua contaminata…quindi anche l’uso del depuratore privato può essere vano a meno che non si applichino le dovute accortezze e le giuste tecnologie, ma i consumatori dovrebbero essere debitamente informati, mediante analisi terze, da ambo le parti: chi potabilizza l’acqua pubblica deve ricercare tutti i contaminanti con analisi estese, pubbliche ed incrociate; chi vende depuratori privati dovrebbe ben spiegare le debolezze dei dispositivi sanitari e soprattutto studiare il contesto di applicazione del loro prodotto. Non pubblichiamo il rapporto di analisi per difendere sia l’anonimato della famiglia sia per evitare pressioni indebite sul laboratorio di analisi accreditato Accredia, quest’ultimo mai coinvolto da Acquedotto Lucano nei suoi controlli esterni visto che AQL non è in grado di determinare i solventi con il suo laboratorio.
La tossicità dei composti rilevati è ampia e non ancora debitamente studiata nè singolarmente, nè sinergicamente, basta tradurre i nomi dei composti in inglese accompagnandoli al termine “toxicity” e si apre una vastissima letteratura. La famiglia che ha pagato e richiesto le analisi ha avuto al suo interno un caso di leucemia, che unitamente alle nostre analisi precedenti, ha fatto scattare la molla del dubbio sulla potenziale esposizione a contaminanti presenti nell’acqua. Nessun nesso per ora ma resta un atroce dubbio oltre alla certezza di un’acqua contaminata da sostanze artificiali ed altamente tossiche ovviamente non denunciate dagli enti pubblici preposti ma da un’associazione privata.