Per dovere di cronaca, completezza e trasparenza pubblichiamo l’ultima analisi sulle acque dell’invaso di Monte Cotugno, prelevata prima di Natale all’interno del pacchetto di controlli commissionati nel 2018 grazie ai fondi giunti da Senise e Policoro. L’ultimo rapporto di prova, sotto allegato, ha una sola positività, il tetracloroetilene con una valore molto basso: 0,0280 mcg/l ( la soglia di legge per questo composto alifatico clorurato cancerogeno oscilla a seconda della matrice liquida interessata, se acque potabili di rete o minerali, o sotterranee, o superficiali, con un range tra 1,1 e 10 microgrammi litro ). Il campione è stato prelevato nei pressi del vecchio sito di rinvenimento nel 2008 di alcuni fusti ufficialmente usati come supporto per i nastri trasportatori del cantiere di costruzione dell’invaso stesso, a detta dell’autorità giudiziaria dell’epoca.

punto di prelievo del campione – dicembre 2018

Strano è che tra decine di solventi ricercati il tetracloroetilene fosse solo. Il composto può derivare o da attività industriali o da discariche, e questo campione proviene da un prelievo fatto sulle sponde non lontano dal muro invaso ( fotto allegata ). Purtroppo l’Arpab, nelle analisi da noi acquisite, non ha mai ricercato il tetracloroetilene nelle sue indagini nonostante la legge lo imponesse, invece noi nelle indagini precedenti lo abbiamo ricercato trovandolo a zero o comunque con tenori non rilevabili nell’acqua di rete. Idem Acquedotto Lucano che nella sua etichetta trasparente riporta per il tetracloroetilene sempre 0.

L’invaso di Monte Cotugno è esteso, esposto a minacce note e meno, con fenomeni ancora inspiegati, mentre Arpab continua con analisi monche e sporadiche, prive di cause quando positive, intanto qualcuno nell’area, anzi nella zona del Pollino, qualcosa nel 2015 l’ha detta. Il Dott. Paternoster dell’Unibas, accreditato presso la Fondazione Mattei dell’ENI, nel 2015 pubblicava dati ( sotto allegati ) preoccupanti circa la concentrazione di cromo esavalente nelle acque/sedimenti del Pollino, contaminanti di origine naturale a detta dello studio, di natura geogenica, un territorio che idrograficamente inteso, è attraversato anche dal Sinni e dai suoi affluenti, massa d’acqua che confluisce nell’invaso di Monte Cotugno. Sappiamo inoltre che le tremoliti, le pietre verdi naturalmente contenenti amianto, hanno già causato morti certe nel lagonegrese ma non sappiamo ancora cosa apporti esattamente all’invaso il fiume Sinni, come non sappiamo cosa apporti tutta la rete di depuratori e scarichi dei comuni a monte dell’invaso per non parlare delle vicine discariche. Proveremo con le prossime analisi ad estendere il quadro conoscitivo e a trovare nuovi tasselli di questo puzzle. Diversi zone d’ombra sono ormai certe: la qualità delle acque e dei sedimenti dell’invaso non viene ancora studiata nel dettaglio, l’invaso non è difeso dai problemi ambientali circostanti, manca trasparenza e credibilità sui controlli ufficiali, non si usano ancora le migliori tecnologie disponibili per monitorare il lago. Dopo decine di analisi nel solo 2018 tra acque d’invaso ed acque di rete, ancora nessuno ci spiega la provenienza, i tenori e la distribuzione dei vari solventi che abbiamo trovato tra luglio 2018 e gennaio 2019.