
Due milioni di euro rendicontati alla UE dalla Provincia di Matera per attività e spese finiti in studi che oggi sembrano fuori dalla realtà

Un futuro un po’ edulcorato? Quando nel 2006 il Direttorato generale per l’energia e i trasporti della Commissione Europea commissionò lo studio su finanziamenti pubblici e pratiche di carico dei porti europei sul mare era consapevole che le Autorità Portuali italiane non avevano soldi per mantenere infrastrutture sotto la loro responsabilità, e che esigevano dal Governo autonomia finanziaria grazie a una massiccia partecipazione alle entrate delle attività portuali. E il Governo vedeva allora la cosa favorevolmente. Intanto si andava avanti grazie ad accordi di finanziamento col Governo, e lo studio presentò i dati finanziari dal 2000 al 2002. Nel 2000 a Taranto erano arrivati 34,5 milioni di euro, nel 2001 69,2, nel 2002, e solo per infrastrutture del terminal, circa 33. Le maggiori entrate sarebbero dovute arrivare con la creazione di corridoi per facilitare scambi commerciali grazie ai suggerimenti dell’industria europea. In uno studio del 2009 il Direttorato scrisse che quello adriatico-ionico (foto1), nelle simulazioni guadagnava parecchio in volumi aggiuntivi. In ogni caso Bari Brindisi e Taranto rappresentano da tempo immemore la porta del sud Italia verso est. E non c’era bisogno di studiare tanto. Oggi se Bari e Brindisi sono specializzati in navi che imbarcano mezzi gommati, Taranto in container. Ma l’obiettivo era alleggerire la congestione del porto di Bari sfruttando Taranto. Dal 2015 scrissero che quel porto non connesso all’autostrada e con un terminal container separato sarebbe cambiato. Il volume potenziale nel corridoio Igoumenitsa-Taranto sarebbe stato di 30/50mila auto, camion, rimorchi, ecc. e si sarebbero aperte nuove rotte con la Turchia. Con la crisi greca, a cui bisogna aggiungere quella turca, il progetto di sviluppo di Piattaforma Logistico Integrata che avrebbe creato una nuova area portuale con strade e ferrovie moderne ed efficienti, e Taranto hub di trasporto nelle regioni dell’est mediterraneo, pare non abbia tenuto conto che il deficit commerciale greco da tempo nell’export viaggia con un incremento del 12,5% l’anno, nell’import del 3,3%, e l’incremento del traffico navale resta ben al di sotto delle previsioni.
Market feasibility che? Eppure quando nel 2009 l’UE progettò tali corridoi il primo ministro greco George Papandreu aveva già rivelato i bilanci falsi inviati all’UE dai governi che lo avevano preceduto, facendo presagire il baratro di li a poco. Ma si andò avanti con gli studi di mercato sempre uguali e tappandosi i neuroni sino a quel 2013 che aveva già visto il fallimento della seconda operazione di salvataggio della Grecia del Fondo Monetario Internazionale. Quindi senza risolvere problemi si va avanti e nel 2013 fu firmato il protocollo d’intesa tra Provincia di Matera e Autorità Portuale di Taranto. Ma nonostante le enormi varianti di mercato aperte dalla crisi anni addietro non si è cambiato approccio, tanto che il mese scorso l’Area Tecnica-Ufficio Pianificazione e Energia della Provincia di Matera a firma di Domenico Pietrocola finito nel Total Gate lucano, ha approvato il prospetto di rendicontazione “Studio per la creazione del sistema logistico intermodale integrato nell’area retrostante il porto di Taranto finalizzato alla realizzazione della Piattaforma Logistica di Ferrandina”. Lo studio di fattibilità di mercato è costato 39.500 euro, quello di progettazione e fattibilità tecnica che dovrebbe tener conto di fabbisogni e funzionalità della struttura 150mila, l’analisi del processo decisionale e valutazione di impatto che deve valutare la fattibilità gestionale 114.879, lo studio ai fini di Valutazione di impatto ambientale 107.040, quello di valutazione ex ante da 20mila assegnate a 39.500. In preparazione e approvazione del progetto spendono poi 1.109.554, 20mila in attività di divulgazione e 59.989 in attività svolte dal personale interno. Totale senza iva: 1.640.463 euro. Nel mentre la dissestata basentana che dovrebbe essere parte d’arrivo del traffico su gomma alla piattaforma di Ferrandina domina le cronache come luogo di morte per incidenti stradali, assieme a ferrovie che resteranno a binario unico o che mai si finiranno benché miliardi di lire già spesi. E come si snellisce Bari se non si crea un collegamento ferroviario Matera-Ferrandina? Un mistero. Tutto su gomma? Certo tra gli obiettivi c’è l’abbassamento delle emisssioni di CO2 che tale trasporto genera in ambito commerciale.

Merci verso paesi in crisi mentre l’inquinamento resta? Per studiare la piattaforma ferrandinese s’è speso un bel pacco di soldi pubblici. Forse a ignari contribuenti europei interesserebbe sapere chi ha studiato la fattibilità, visti i soldi spesi pure in divulgazione. Studiando poi, si nota che alla voce preparazione e approvazione del progetto solo quattro mila euro su oltre un milione sono le spese sostenute in sondaggi e prove di laboratorio. Ma come, in un’area Sito di interesse nazionale a livello di bonifica ambientale che ormai è un monumento alla stupidità e allo sperpero, con da un lato i resti decennali dell’ex industria amiantifera e dall’altro quelli della ex industria chimica di Stato, con studi e contro studi che raccontano una situazione di quel pezzo di terra assurda, si sono spesi quattro mila euro? Immaginiamo che se si dimentica una crisi economica internazionale pur spendendo il maggior contributo in studi di mercato figurarsi uno studio locale del CNR in cui si dice che si “può notare che nei campioni di suolo collezionati le concentrazioni di metalli pesanti sono elevate in particolare per cobalto piombo e zinco”. Metalli correlati a misure di suscettibilità magnetica e profili radar utili a trovare rifiuti interrati. In quello che chiamano “sito 1” (foto2), un’area di 90 metri per 240 attaccata alla piattaforma in un punto le misure misero in evidenza valori elevati, e dove le misure di suscettibilità magnetica mostrarono i valori più alti presenza di sostanze ferromagnetiche nei primi centimetri di suolo. Poco più giù, in quella che una volta era la discarica Syndial, i risultati furono ancora più assurdi (sito 3, ndr). In una area di 51 per 30 metri un’intensa anomalia gradiometrica era evidenziata da una forma oblunga nera d’una decina di metri, con un valore di gradiente magnetico esorbitante (10 mila nanoTesla su metro, ndr) presumibilmente dovuto alla presenza nel sottosuolo di fusti con grande magnetizzazione. E in evidenza nella parte ovest della stessa area un’altra anomalia che, affermarono, può essere dovuta ad ampi corpi sepolti con grandi valori di magnetizzazione. Incrociando le varie misurazioni conclusero che nelle aree studiate nel sito 3 quegli oggetti se ne stanno tra 0,80 e 2 metri sottoterra. Lasciando stare visioni economiche di scambi commerciali con un’area a fuoco socialmente e politicamente da tempo, e di cui nessuno studio di mercato s’è accorto, c’è qualcuno che dica in UE che coi soldi prima si tolgono i veleni e poi si fa sviluppo? E chi fatto tali studi senza tener conto di tanti altri soldi pubblici spesi per creare un’enorme letteratura scientifica su quanto avvelenata è l’area industriale dove fare la Piattaforma?
La determina per la Piattaforma di Ferrandina 2016Det7_0017201