La puzza di zolfo nella CEI aumenta, e non è il diavolo la colpa, ma peggio, il petrolio. Da domani a Bari parte una cinque giorni di incontri sul futuro del Mediterraneo ed ovviamente, come sempre, di mezzo c’è ENI, il fiato del cane a sei zampe arriva dappertutto e c’è da restare allibiti e disgustati dalla lettura dell’articolo di Giacomo Gambassi uscito su Avvenire, il 5 gennaio.

Un’intervista a tutto campo a Descalzi sugli equilibri socioeconomici e geopolitici del Mediterraneo ove l’AD di ENI riceve un’intervista quasi fosse il responsabile di una ONG più che di una multinazionale plurindagata e plurimultata in giro per il mondo per inquinamento e corruzione.

Descalzi quasi come un prete mancato parla in toni evangelici di solidarietà sociale, impegno civile, etica e responsabilità forte anche di domande assolutamente cieche verso le acclarate colpe di Eni in Italia e nel mondo. Non una parola sui reati lucani, sui patteggiamenti dei dirigenti Eni, sugli arresti, le intercettazioni della magistratura potentina, gli atti di indagini pesanti collezionate dagli anni ’90 ad oggi. La morte di Griffa, le bugie di Descalzi sull’inquinamento del Cova di Viggiano proferite urbi et orbi, sulle partecipate Eni nei paradisi fiscali, sul conflitto di interessi della moglie dell’AD, sui disastri ambientali e sociali di dove opera Eni, e qualche altro centinaio di problemi di cui era meglio non parlare.

Evidenziato nell’intervista il ruolo di Eni nel sostegno ai diritti umani, sostegno che in Basilicata abbiamo toccato con mano, con le morti premature in Val d’Agri decretate dalla VIS, oppure al ruolo di Eni in Egitto o nella morte di Giulio Regeni come paventato in alcuni servizi. Nell’articolo “cattolico” si parla tanto di Africa ma al giornalista non viene in mente alcuna domanda sulla Nigeria (nazione di provenienza di molti immigrati ove Eni chiaramente non ha portato sviluppo, ma corruzione, incuria ed inquinamento-ndr), non una parola sugli standard ambientali in Angola e sugli investimenti petroliferi ipotizzati da un uomo del Vaticano laggiù, per fortuna dopo caduti. Quale sia il vero flusso di donazioni ed investimenti tra ambienti religiosi (ricordiamo la pubblicità dei Francescani ad Eni) ed Eni non lo sappiamo, forse in verità e trasparenza dovremmo conoscerli. Papa Francesco  ha incontrato i CEO delle compagnie, riservando loro anche parole di ammonimento, però ancor meno ha incontrato le vittime dell’inquinamento. Due discorsi in materia sono disponibili sul web.

Perchè la CEI ha individuato nell’indagato Claudio Descalzi un interlocutore privilegiato in vista dell’incontro a Bari sul Mediterraneo che si terrà a febbraio?  Cosa c’entra Eni con il Vangelo? Nel 2018 Descalzi riprendeva le parole di Papa Francesco, parlando di emergenza climatica ed eccesso di consumi…lui che per il 7% della irrisoria produzione italiana sta sacrificando la Basilicata! Ma il Papa o la CEI, l’altra campana l’hanno mai ascoltata? Eni va in giro per il mondo a dire che rispetta i diritti umani eppure in Basilicata per anni si è dovuto combattere per dimostrare l’evidente, ossia che il petrolio porta morte, corruzione, divisioni sociali: immaginiamo cosa succede in quelle nazioni ove non esistono attivisti? La Laudato Sì qualcuno la sta promulgando in giro per la Lucania saudita? Il clero locale perchè non si è attivato per diffondere in Basilicata la prima enciclica sull’ambiente? L’amoralità della CEI fa tremare i polsi, all’uomo di strada il compito di risollevare anche le sorti della Chiesa? Amen.

Di Giorgio Santoriello

Laureato in Lettere, attivista amante della Basilicata ma poco dei lucani.