La Regione tace sulle prospezioni sismiche in Basilicata: un popolo di anziani, disoccupati e semianalfabeti non può combattere.

di Giorgio Santoriello
 

C’è un documento, sempre coperto da divieto di divulgazione, che include una “sintesi non tecnica” dei lavori e della relativa incidenza ambientale delle prospezioni sismiche della Total nella concessione Teana-Aliano. Il documento risale all’ottobre 2010, scritto dal laboratorio di analisi ambientale toscano “Ph srl”.

Di cosa parliamo? Di indagini sismiche volte a captare gabbie di petrolio nel sottosuolo, come? Con l’utilizzo di vibroseis (camion con vibratori elettromagnetici ) ed esplosivi. Dove? In un’area interessata da tre riserve naturali: Parco Nazionale della Val d’Agri, zona Zps – Monte Sirino/Raparo e zona Sic di Murgia S. Lorenzo. Aree naturalistiche protette e delimitate, salvaguardate da precise disposizioni nazionali ed europee ove la Total avrebbe condotto a scopo esplorativo centinaia di test mezzo esplosivo. Il condizionale è d’obbligo come anche gli interrogativi, perché la lettura del documento lascia poche certezze e tante paure. Ad oggi la Regione Basilicata non ha mai detto se le indagini sopraelencate siano state effettuate fedelmente rispetto al progetto originale o se sottoposte a variante (auspicata ): ma cosa dice questo progetto nella sua sintesi non tecnica? Nonostante nella relazione di valutazione d’incidenza ambientale della concessione Teana-Aliano sia riportato parere negativo circa l’impatto ambientale delle sole prospezioni sismiche, figuriamoci per la perforazione vera e propria, e nella sintesi non tecnica alla faccia delle best-practises consigliate massicciamente, si parla di squadre di 50-60 uomini che nell’ambito di un cantiere mobile, dovrebbero stendere oltre 50 km di cavi, geofoni ed esplosivi, il tutto accompagnato da un massiccio dispiegamento di mezzi: fuoristrada, camion, bus, trivelle mobili, un elicottero etc. Oltre 50 km di linea d’indagine (anche se nella relazione di VIA sono oltre 100 ) ove si ipotizza la collocazione ogni 50 metri di una carica esplosiva “biodegradibile” da 5 kg posta ad una profondità di circa 20 metri. Nel documento si evidenzia come ci sia bisogno di una variante al progetto che eviti il coinvolgimento di territori protetti da vincoli naturalistici. Dubbi atroci non confutati da alcun documento ufficiale né della Regione Basilicata né della Total. Ma la variante non è richiesta solo per non piazzare esplosivi e cantieri nei parchi, ma anche alla luce di tutta una serie di altri vincoli che ricadono nell’area, inclusi quello idrogeologico per più di 5 km, quello paesaggistico ed ambientale ( le linee di stendimento costeggerebbero il Santuario della Madonna della Stella ( XVIII sec.) ad Armento), quello archeologico e quello idrico di tutela della acque ad uso umano. Viene accennato infatti “un piano regionale di tutela delle acque e delle sorgenti”, presenti in numero di 18 nell’area.

Un territorio in via di “senilizzazione”. Lo studio parla di censimento cartografico delle sorgenti della zona ma nulla di più: l’impatto sulle falde rimane un mistero così come l’esistenza di questo piano regionale di tutela delle acque che stando al sapere comune, in Basilicata non è stato mai attuato. Quindi l’autore dello studio di VIA non sa di questa grave carenza, e cita come per attuato un piano rimasto solo sulla carta. Non solo l’acqua ma anche l’aria riserva qualche sorpresa, infatti nella sintesi non tecnica scritta nel 2010 viene riportato il giudizio di “scadente” per la qualità dell’aria di Viggiano, citando dati Arpab del 2008. In Basilicata, nel 2008, né nel 2009, né dopo, nessuno sapeva i reali dati di monitoraggio dell’Arpab relativamente alla qualità dell’aria di Viggiano: come mai questo laboratorio d’analisi nel 2010 aveva nozioni così aggiornate sullo stato ambientale lucano anni prima dei lucani stessi? Ma le doti di preveggenza di questo studio non finiscono qua, perché anche per fiumi e falde, loro il quadro dimostrano di averlo chiaro, ben più chiaro delle loro nozioni in materia legislativa regionale, infatti già definiscono scadente le acque di Bradano e Basento nonché scadente la qualità delle acque sotterranee, contaminate sicuramente da nitrati di derivazione agricola e non solo perché si parla di metalli pesanti non ancora mappati. Poi viene descritta la situazione socio-economica, che ricostruisce un ambiente verosimilmente idoneo alle attività estrattive perché: in via di senilizzazione, insediamenti rarefatti, struttura produttiva frammentata, scarsa qualità delle relazioni interne, polverizzazione commerciale e scarsa presenza della grande distribuzione, alta disoccupazione, bassa qualità della vita in materia di welfare, spopolamento. Vale a dire resistenza culturale uguale a zero.

Esplosivo in una zona con specie rare e protette. Ma uguale allo zero è anche la credibilità con cui si spendono molte più parole per le qualità dell’esplosivo utilizzato che per acqua o rifiuti. L’esplosivo infatti è osannato per la sua biodegradabilità ( Nobel Seispro DBX type ) nonché, grazie a dati dell’Assomineraria, garantito per la sua lieve onda d’urto che si esaurisce nel giro di un metro. Ma cosa dice il laboratorio “Ph – srl “sull’impatto ambientale di queste attività? Che sarebbe “da evitare addirittura l’impiego nella zona di mezzi ruotati a motore”, nonché il taglio della vegetazione locale, mentre la Total ipotizza per le linee di stendimento l’apertura di varchi d’attraversamento larghi 1,5 metri. La zona ha specie rare e protette sia floristiche che faunistiche, addirittura di pregio nazionale ed europeo come la lontra, i chirotteri, le querce ed un equilibrio naturale tanto variegato quanto delicato che non può sopportare alcuna attività antropica, figuriamoci cantieri, elicotteri ed esplosivi.

E i rifiuti? In merito ai fanghi si dice che saranno stoccati in vasche e portati via per lo smaltimento finale. Quali vasche? Con quali autorizzazioni? Quali sostanze compongono questi fanghi? Le perforazioni hanno intercettato falde? Nulla, il capitolo fanghi reflui viene liquidato con superficialità in 2 righi. L’atteggiamento di questo laboratorio toscano d’analisi è davvero contradditorio: nel testo si evidenzia il carattere esclusivamente temporaneo dei danni all’ambiente procurati dalle prospezioni sismiche, nelle tabelle riassuntive e nella relazione allegata di VIA, tutti i giudici tecnici sono negativi e con effetti anche a lungo termine. Infatti, nonostante la vaghezza della definizione d’impatto ambientale su acque e suolo, circa la composizione dei fanghi, e nonostante le caratteristiche eco-compatibili dell’esplosivo, queste attività vengono giudicate in ultima analisi come inquinanti per tutte le matrici ambientali con il voto finale di A, che stando alla legenda della sintesi non tecnica vuol dire “alto”.

Beffa finale? La sensibilizzazione della popolazione, auspicata per non creare allarmismi. Ed invece no, i lucani che chiedono di essere informati, non sanno nulla di ciò che accade in Basilicata, non sanno se queste prospezioni siano mai state realizzate, se sì con quale variante, e se un iter analogo sia stato seguito per le altre concessioni petrolifere ricadenti sul suolo regionale. Così come aberrante sarebbe appurare l’utilizzo di esplosivi e mezzi pesanti in parchi ed aree protette. A chi chiedere la verità?

Lun, 12/05/2014 – 14:44

http://basilicata.basilicata24.it/cronaca/total-sapeva-dell%E2%80%99inquinamento-basilicata-meglio-lucani-13808.php

Di Giorgio Santoriello

Laureato in Lettere, attivista amante della Basilicata ma poco dei lucani.