Partiamo dalla delibera oggi pubblicata dall’Arpab e sotto allegata, la numero 108. Infatti tra l’estensione dei controlli a mare per la ricerca degli inquinanti, la mancanza cronica di dati pregressi al 2015 sull’acqua potabile, le carenze di organico nei controllori ed i motivi politici sottaciuti da sempre negli atti ma noti a molti, pare che adesso le istituzioni lucane si siano svegliate ed abbiano capito che esiste il DM del 14 giugno 2017, nel quale il Ministero della Salute di concerto con quello dell’Ambiente impongono aggiornamenti al dlgs 31/2001 sulla potabilità delle acque, in sintesi:
- verifica di tutta la filiera idrica e del contenimento dei rischi sanitari;
- pubblicazione dei dati;
- ispezioni di tutte le infrastrutture idriche, analisi dei rischi e controlli in continuo;
- istituzione di una banca dati sulla filiera idro-potabile;
- ricerca di inquinanti anche al di fuori dei controllo ordinari tenendo conto delle criticità locali;
- l’analisi del rischio finale viene svolta dall’Istituto Superiore Sanità.
E’ palese che di tutte queste prescrizioni la Regione Basilicata non ne abbia svolta neanche una, e se lo hanno fatto non lo hanno pubblicato. Nella delibera Arpab allega gli sforamenti registrati nel 2016 e nel 2017, e dall’elenco si evince come le non conformità sono state riscontrate anche in comuni come Matera, Pisticci e Policoro nel 2016, in mesi nei quali non risultano ordinanze di divieto di utilizzo dell’acqua. Purtroppo alcuni sindaci avrebbero ignorato le comunicazioni giunte evitando di omettere le ordinanze imposte per legge e non derogabili. Gli sforamenti, non solo per trialometani, ma anche per altri batteri si sono verificati anche nel 2017 a Craco, oltre che a Irsina e nel Metapontino. Senza contare che diverse sostanze, dall’acrillamide a decine di fitofarmaci e relativi metaboliti, non sono mai stati ricercati.
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